Ha ragione chi si indigna quando nelle estati torride (come questa, almeno al centro sud) ci si preoccupa più dei turisti accaldati che dei lavoratori. Al netto di ciò, poiché le cronache spesso si riempiono di problematiche legate ai turisti incauti che si sentono male in orari di gran caldo, mi permetto di scrivere alcune proposte (rivoluzionarie?) operative per risolvere il problema. Ogni ipotesi sottende un approccio diverso. E tocca il delicato tema del rapporto fra turismo e libertà.

Cosa permettere ai turisti dopo pranzo? Ecco alcune ipotesi concrete:
1) Approccio rigorista – La siesta obbligatoria
Al turista che visita una località calda viene imposta la siesta obbligatoria, tipo lockdown post prandiale. Si può fare in modo fisso con una mappatura nazionale, per decidere le fasce orarie in base alle medie degli ultimi anni; o anche ricorrere a metodi innovativi, facendo scattare l’obbligo solo quando un tot di meteo concordano con una previsione superiore ai 40 gradi (ma anche meno) da lì a 24 ore. La prima soluzione, per quanto più statica, permette agli operatori di organizzarsi per tempo.
E gli escursionisti? Se il luogo ha un museo saranno costretti a pagare il biglietto e a stare nel museo fino al tana liberi tutti; o si fermano nei locali (e spendono in continue consumazioni); o in aree picnic a numero chiuso e a pagamento. Cose così.
Certo andrebbe pianificata anche una campagna di comunicazione, ma non è difficile: basta uno spot in ogni aeroporto e treno, carino e accattivante, che prima di dirti che è un obbligo ti indora la pillola presentando tutti i vantaggi psico-fisici della siesta. In fondo in modo analogo secoli fa fu lanciata quella che poi è diventata una moda: farsi il bagno in mare. Ora è tempo di lanciare una nuova moda.
2) Approccio responsabilizzante – sono cacchi tuoi
La libertà porta i turisti troppo spesso a non valutare pro e contro delle proprie azioni e ad avere comportamenti rischiosi. Uno di questi è andare in giro nelle ore particolarmente calde del giornata. Ognuno di noi ha una differente capacità di resistenza al caldo e in teoria ognuno di noi dovrebbe essere in grado di prendere delle sagge decisioni rispetto alla propria salute ma se di continuo leggi di gente che ha dei malori lungo sentieri privi di vegetazione, allora qualche domanda ce la dobbiamo pure porre.. Forse a furia di pensare che l’unica cosa importante da fare è partire non siamo più in grado di ragionare su i nostri limiti e sul da farsi, visto anche il poco tempo che abbiamo a disposizione per le nostre vacanze, sempre più brevi. Ma se in tal modo possiamo comprendere il perché di tanti atteggiamenti stupidi, forse è giunta l’ora di far capire in modo più incisivo che a tutto c’è un limite. Un ipotesi può essere che vai in giro a tuo rischio e pericolo. Non ti vieto di farlo ma se ti senti male il soccorso e le cure le paghi per intero.
3) Approccio acculturante – consigli post prandiali
Dove la situazione non è precipitata si può provare la strada della cultura. Occorre utilizzare il marketing turistico non nella sua versione commerciale ma nella sua versione dissuasiva, facendo dunque presente quanto sia poco intelligente andare in giro da dopo pranzo fino a un’ora in cui la calura inizia a diminuire. Un po’ come la campagna che sta passando con il testimonial di turno che da consigli alla cittadinanza, ma con esempi per turisti, in varie lingue. Consigliando la siesta, visitare musei, stare nei parchi. O qualcosa di più creativo sulla cultura della siesta, magari inserendo idee creative per una siesta di qualità, arricchente. Se puntiamo solo alla salute prendiamo solo una parte della popolazione turistica.
4) Approccio proattivo – proposte per le ore calde
A volte basta poco a fornire delle alternative possibili, con interventi non per forza onerosi; una mappatura di tutte i luoghi dove procurarsi acqua (fontanelle , bar, distributori automatici…); percorsi ad hoc ra quanto già esiste in loco, tipo: un sentiero alberato, un percorso sotto i portici, una caccia all’ombra per giungere ai musei aperti nel primo pomeriggio. O se non ho niente di tutto ciò, posso creare qualcosa ad hoc: quando vai in mercatino al Sud Italia e fa questo caldo trovi che commercianti si sono organizzati per mettere dei teli traspiranti fra uno stand e l’altro, così da rendere le strade del mercato meno calde, una cosa provvisoria che ogni giorno viene montata e poi smontata; si potrebbe fare lo stesso creando percorsi provvisori giusto nel periodo del gran caldo
Riflessioni sui vari approcci
Premetto che in base alle diverse situazioni è giusto utilizzare metodi differenti, evitando al contento di urlare allo scandalo se ogni tanto qualcuno si comporta male. Per dire: i 3 sfregi al colosseo certificati negli ultimi giorni se sono un’eccezione a fronte di milioni di turisti educati non gli dai neanche troppo spazio nei tg (fermo restando che in questo caso le leggi per la tutela ci sono e basta applicarle), se è un malcostume diffuso bisogna intervenire. Le questioni vanno soppesate numeri alla mano. E le varie soluzioni devono essere adeguate alle problematiche.
In generale io preferisco la cultura agli obblighi. Si sa che evocare dei divieti innesca una serie di problematiche collaterali non di poco conto. Ma credo anche che bisogna smetterla con l’idea che poiché sei turista puoi fare tutto quello che ti pare dovunque. Anche a costo di mettere ove serve davvero delle limitazioni. Ma poi come sempre seve fare comunque cultura. E allora forse bisognerebbe pensare aun ipotesi ancora più rivoluzionaria, tipo una sorta di patentino per essere turisti. Che se fai cazzate perdi punti e possono anche ritirartelo. Se fai gesti sani recuperi punti. Voi che dite?
p.s. La prima foto è un’opera di Paul Gaugain, chiamata “the Siesta”, presente al MET museum di New York



