Sui troppi turisti

Nell’ultimo mese diversi media hanno trattato di overtourism. Era scontato che sarebbe accaduto. Chiaramente il pregio degli articoli/servizi giornalistici consiste nel proporre narrazioni variegate su un tema, al contempo non bisogna scambiare un articolo giornalistico con un’analisi puntuale delle situazioni. Comunque alcuni aspetti li ho trovati molto interessanti e ve ne parlo in questo articolo.

1 – De-marketing

Premetto: il nome non mi convince perché ritengo che stiamo parlando sempre di marketing turistico, applicando semplicemente il concetto che la pubblicità non è detto che miri solo a vendere prodotti ma c’è anche quella sociale, quella che lancia messaggi….

Gli esempi citati, pur nella loro differenza, sono stimolanti: lo spot anti-escursionisti di XY, quello contro le rotelle dei trolley di Dubrovnik, e quello ben più brutale di Amsterdam, che se la prende con gli inglesi che vengono a fare le feste di addio al celibato. Tutti e 3, seppur con stili profondamente diversi, lanciano un messaggio che invece di invitarti a venire in un luogo ti invoglia a non venirci o a venirci in modo diverso. Altro che de-marketing, chiamiamole pubblicità progresso.

2 – Problemi differenti

Il tema del overtourism abbraccia diverse problematiche, alcune più significative perché legate a potenziali cambiamenti epocali, altre che invece sarebbero abbastanza facili da risolvere se solo passasse il concetto in modo chiaro e univoco in tutto il continente europeo che non tutto va permesso ai turisti.

Leggere ad esempio che alcuni residenti hanno lasciato il centro storico perché il rumore dei trolley è diventato qualche cosa di insopportabile è un problema che io ho già trattato tempo addietro, e avendo vissuto nel centro storico di Matera posso assicurarvi che sentire continuamente il rumore delle rotelle specie nelle città che hanno sampietrini o similari è qualcosa che alla lunga fiacca chiunque e ti fa venire voglia di andare via. Eppure si potrebbe pensare (analogamente a quanto si fa con le auto oggigiorno un po’ ovunque) di vietare l’uso delle rotelle in determinate aree anche vaste dei centri storici, tanto le soluzioni ci sono e viaggiare leggeri non è mica sbagliato. Al più si possono creare servizi di transfert a pagamento con mezzi silenziosi (oltre che ecologici).

Risolvere i problemi a portata di mano consentirebbe poi di concentrarsi in modo serio sui problemi più seri, come a Venezia o in val di Norcia, tanto per citare due luoghi trattati dai giornalisti, evitando inutili calderoni dove tutti i contro vengono messi assieme per creare una notizia allarmante.

Qui l’articolo di Alessandro Calvi sulla Val Norcia

3 – Soluzioni diverse

Quel che è certo è che l’overtourism non va analizzato (come purtroppo in maniera un po’ superficiale fanno alcuni analisti) come la scelta libera dei turisti che amano ammassarsi bensì in relazione all’impatto sulle comunità locali e sui territori. È sostenibile? La domanda ce la si pone da decenni, molti i metodi sperimentati (carrying capacity, LAC, …..). Ogni tanto si prova a tracciare una via percorribile, alcune sono un po’ ridicole sebbene vadano per la maggiore (vedi delocalizzazione flussi o destagionalizzazione) per tanti motivi che analizzo durante i miei corsi di formazione.

https://www.arte.tv/it/videos/112907-028-A/arte-europa-settegiorni/

Altre riguardano il porre dei limiti agli accessi, non facili da applicare se non in rare situazioni ove l’accesso è limitato a pochi varchi controllabili (e comunque c’è sempre il problema del discernere turisti, cittadini, forestieri in visita ad amici) ma stimolante come sfida. O quello di porre limiti alla crescita dell’offerta, anche questa una strada che rischia di essere più che altro ideologica (i vari provvedimenti prevedono blocco di aperture solo di determinate strutture extralberghiere come b&b o locazioni brevi a uso turistico, non anche diminuzione di camere d’albergo o di posti per la ristorazione), non sono provvedimenti sistemici ma sono più una pezza a colori per provare a quietare il nervosismo di taluni.

Bene l’idea di aumentare la tassa di soggiorno, sarebbe da fare in base all’aumento dei turisti in rapporto alla popolazione del centro storico (non di tutta la città), piaccia o meno, più cara nelle città più visitate, meno in quelle meno visitate. Sì lo so, scoraggiare sulla base dei costi è l’anticamera del ritorno al turismo elitarista ma se la base del discorso è che ci sono troppi turisti, qualcosa si dovrà pur fare. A costo di inventarsi delle quote censuarie in base all’ISEE, per dire, per garantire a tutti di poter andare ovunque in base ai posti rimasti della propria classe ISEE. Idee del genere, meno elitariste ma comunque limitanti. E poi c’è il problema degli escursionisti (non perché non spendono, ma perché non sono censiti) cui si sta trovando una soluzione di calcolo, al momento costosa, parziale ma interessante grazie alle celle telefoniche.

Qui l’articolo di Simon Kuper su varie località, apparso su Internazionale (non so se sia possibile leggerlo o se è solo per gli abbonati, io sono abbonato e consiglio spassionatamente di abbonarsi a prescindere)

Epilogo

Chiarito ciò, aggiungo che la base di qualsiasi riflessione deve essere che siamo di fronte a un fenomeno complesso, sociale culturale nonché talvolta economico, che oramai anche l’agenzia delle Nazioni Unite per il turismo (UNWTO) definisce in modo articolato, smitizzando l’approccio esclusivamente economicista che era il mantra dei decenni passati.

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