Pasquetta, una festa popolare

Ogni anno, con l’arrivo delle festività pasquali, si accendono due diatribe, una legata alle origini di tali festività e che contrappongono i difensori dell’originalità del cristianesimo a chi fa discendere molti dei riti cristiani da precedenti riti pagani; l’altra su come è andata dal punto di vista turistico: quanti sono parititi?; quanti sono rimasti a casa? In mezzo a queste diatribe resiste la pasquetta, giornata popolarmente dedicata al pic nic fuori porta. Merita un articolo, che segna la rinascita anche di questo blog, che ho un po’ abbandonato questo inverno.

La diatriba religiosa

Per alcuni le origini di alcune feste religiose dei calendari cristiani, se non tutte, sono collegate a riti precedenti. Anche nel caso della pasqua. Per i siti cattolici sono assolutamente originarie, derivanti da riti ebraici. Se non fosse che dalle diatribe religiose spesse nascono conflitti, troverei divertente la questione, perché in fondo non ci sarebbe nulla di male se una nuova realtà sociale come la religione cristiana, e prima ancora quella ebraica, si fosse ispirata a personaggi e a fatti appartenenti a epoche precedenti e dunque apprezzate, rivestendole di nuovi significati semantici. Per un fedele non cambierebbe nulla, il messaggio evangelico non ne uscirebbe sminuito. Non è che se ammiriamo un pittore che si è ispirato ad altri dandogli poi un tocco di originalità lo riteniamo meno valido.

Anzi tornando al discorso religioso sarebbe forse la cosa più logica che sarebbe successa, usare l’immaginario collettivo esistente per rivestirlo di nuovi significati. Anche il capitalismo ha utilizzato recentemente feste religiose per dargli un tono commerciale, pensiamo ai doni del periodo natalizio o alle più recenti feste dello sconto in occasione di halloween.

Detto ciò a Pasqua, i cristiani festeggiano la nuova vita di Gesù, gli ebrei festeggiano il passaggio del mar rosso che simboleggia la rinascita di un popolo finalmente libero e tante religioni politeiste precedenti solevano festeggiare la primavera, intesa come rinascita della vita. Alla fine dunque la pasqua è una festa dedicata alla rinascita.

Ma la pasquetta? Viene festeggiata in diversi stati anche non cristiani, e sempre con significati legati al rinnovo o alla primavera. La tradizione cristiana la lega all’angelo che il giorno dopo la resurrezione (che era avvenuta di sabato, dicono i vangeli) appare alle donne che erano andate al sepolcro.

La diatriba turistica

Quanti sono partiti? Quanti sono rimasti a casa durante le festività pasquali? Da queste stime che ogni anno saltano fuori nelle settimane precedenti il ponte pasquale ne derivano tutta una serie di riflessioni sullo stato di saluto del turismo, e quindi della nostra società: se i numeri sono buoni vuol dire che non c’è crisi e le prospettive per primavera e estate sono rassicuranti, se no apriti cielo.

Il motivo è semplice: durante queste festività c’è un ponte assicurato, pasquetta capita sempre di lunedì, a differenza di tutte le altre feste. L’unica altra data che, pur essendo cangiante nel calendario come giorno della settimana ma ha caratteristiche simili è santo stefano, che capita dopo il 25 dicembre. Sono gli unici due ponti sicuri, ogni anno, ma a Natale vuoi perché siamo in inverno, vuoi che poi a breve distanza ci sono altri due giorni cerchiati di rosso, i ragionamenti degli analisti turistici si concentrano più che altro sul turismo di montagna. Pasqua è invece il grande termometro, perché oramai tutti desiderano viaggiare e se non si viaggia quando il ponte è assicurato allora c’è qualche problema.

Oramai viaggiare è considerato uno status symbol del benessere di una popolazione, o almeno così ci viene narrato. Poi però c’è la pasquetta… e in molti preferiscono la gita fuori porta e il picnic.

La pasquetta

È noto come questa festa, indipendentemente da qualsiasi aspetto sia religioso sia legato al Dio denaro, sfugge generalmente a entrambi le diatribe esposte sopra, e ha assunto un significato a sé stante. È la giornata della gita fuori porta e dei picnic.

È rosso sul calendario da tempi recenti (dal 1947, come festa civile, dicono le cronache) quindi inutile pensare a riti contadini ancestrali o a chissà che. Ma allora come mai si festeggia in questo modo, almeno in Italia?

Rispetto ai temi religiosi azzarderei che non è una festa particolarmente sentita (sia detto con rispetto), non è neanche obbligatorio andare a messa. Ipotizzo vari motivi: perché viene dopo una festività molto più significativa (la resurrezione di Cristo il giorno prima); perché la chiesa considera la settimana dopo pasqua un unico giorno; perché l’episodio narrato dalla bibbia dell’angelo che da la notizia non cade il lunedi ma la domenica.

Ma rispetto al turismo? All’incredibile opportunità di avere un ponte sicuro?

Fermo restando che le stime dicono che quasi 11 milioni di italiani sono partiti quest’anno (quindi in numeri assoluti non pochi, ci mancherebbe), va sempre forte l’idea del picnic. Ora, se ci pensate, da un punto di vista pratico è davvero stupido “sprecare” uno dei due ponti sicuri che esistono nel calendario italiano delle festività per fare un picnic. Si potrebbe scegliere un qualsiasi altro giorno festivo.

Né me la sento di dire che l’opzione picnic è legata ai ceti popolari di chi non ha i soldi per partire. Certo, è probabile, che lo status del reddito influisca, ma questa tradizione di fare i picnic ha attraversato tanti decenni in cui l’economia italiana ha attraversato diverse fasi. E la voglia del picnic resiste

E in fondo è vero che desideriamo tutti viaggiare, oggi più che nei decenni passati. Forse il popolo ha voglia davvero di festeggiare la primavera come facevano gli antichi popoli contadini. In segno di rinascita, ci mancherebbe. Peccato che nessuno abbia mai studiato o quantificato questo bel fenomeno che va così controcorrente.

In futuro

È dunque una tradizione, quella della gita fuori porta destinata a scomparire nel tempo? O resisterà perché in fondo il popolo è capace di dare significati autonomi a prescindere dalle fedi dominanti? Una cosa è certa: è un’usanza legata al senso di comunità, una festa intima. Non a caso i picnic si fanno fra amici o in famiglia.

Sarebbe grandioso che fosse addirittura istituzionalizzata come festa dei rapporti sociali, per dargli la giusta importanza. In questo mondo diviso tra chi ritiene che il denaro sia l’unico modello ispiratore e chi invece crede in una qualsiasi religione, sarebbe davvero bello se ci fosse una festa ecumenica, adatta a tutti, con tanto di circoletto rosso sul calendario, iniziative spontanee (ma green!) e altre organizzate per chi ha bisogno d maggiore socialità.

E poi quel che sarà sarà.

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