Turismo e siccità

Quest’estate sono andato a trovare amici e parenti in alta montagna. Ero circondato da alberi di alto fusto, una natura rigogliosa, diverse fonti d’acqua e sorgenti a poche centinaia di metri. L’acqua esce gelida dai rubinetti di casa, è deliziosa. Un idillio. Eppure…. l’acqua manca.

Eh già. Eppure ferragosto è già passato, per cui il pienone turistico è alle spalle, in molti sono rientrati nelle proprie residenze. Arriva l’annuncio del Comune che avvisa che, causa siccità, l’acqua verrà tolta dalle 22 alle 7.

Diversi decenni fa nello stesso luogo accadeva lo stesso con una distinzione che oggi possiamo dire aberrante ma all’epoca immagino sembrasse una giusta scelta (si faceva anche in tanti paesi del terzo mondo, chissà oggi) e ancora è un principio che qualcuno difende: manca l’acqua? Si toglie ai cittadini e la si lascia ai turisti, se no poi non tornano o parlano male e ne risente l’economia…

A Barcellona questo inverno, dopo che già era stata dichiarato lo stato di siccità in tutta la Regione, si paventava del taglio anche alle strutture ricettive, e gli albergatori non l’hanno mandata a dire.

Ma il turismo non deve mai essere considerato un settore privilegiato a scapito dei cittadini. I posti dove ognuno di noi viaggia non devono privilegiare i turisti se no si diventa alla mercé del turismo.

Premesso che non siamo in Giappone, dove quando viene tolta l’acqua la gente fa la fila ordinata presso le autobotti, riempie quello che gli viene dato e se lo fa bastare; in Italia invece appena arriva un annuncio di sospensione tutti a riempire pentole, bottiglie e qualsiasi recipiente del prezioso liquido, consumando molto di più di quello che magari si consumerebbe normalmente di notte.

Detto anche che sarebbe molto più utile lavorare sull’educazione dei cittadini e dei turisti sulle problematiche di un luogo chiamandoli a essere tutti più responsabili e in questo caso parsimoniosi.

Ma torniamo a noi; va bene che è colpa della siccità ma mica arriva all’improvviso, si potrebbe lanciare un alert (e qualche restrizione) molto prima che la stagione turistica inizi. A iniziare dall’agricoltura. Invece di solito non si fa nulla salvo poi invocare lo stato di calamità naturale, così arrivano soldi.

E per far cosa poi? L’ISTAT fra i suoi tanti dati ha anche una sezione sulle acque che fra l’altro classifica le perdite di acqua dalle tubature. Nel 2015 le perdite idriche reali di acqua potabile sono state stimate in 3,2 miliardi di metri cubi, circa 100 mila litri al secondo, pari a 144 litri al giorno sprecati per abitante.

Il rapporto fra le perdite e l’acqua potabile immessa superava nel 2015 di poco il 40%, con Basilicata, Sardegna e Lazio sopra il 50%. 5 anni dopo, se da un lato la media italiana delle perdite è salita di poco, assestandosi al 42,2%, le Regioni che hanno superato il 50% sono aumentate, troviamo infatti nel 2020 anche l’Abruzzo, il Molise e la Sicilia. Con la Basilicata ancora una volta la peggiore, con un dato mostruoso di oltre il 62% di perdite.

Su un altro report sempre dell’ISTAT ci sono i dati delle perdite dei Comuni capoluogo: i peggiori nel 2020 sono Siracusa (67,6%), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%). Nel 2022 Potenza balza in testa fra i peggiori capoluoghi con 71%, Chieti “arretra” al 70,40%, seguite da L’Aquila e da Latina poco sotto il 70% di perdite.

Chiudo tornando al turismo con un monito: meglio perdere un turista poco parsimonioso che contenderselo, poiché ciò che spende non vale la mancanza di rispetto che si deve a un territorio.

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