
Sabato di giugno, 36 gradi, l’ideale per un po’ di mare. Immagino troverò tanta gente. Invece alle ore 11 nel lido dove mi trovo ci sono 30 ombrelloni utilizzati su 100, un 30 % dunque. Una pacchia per chi c’è. Che però, non so a voi, a me pone alcune domande. E spunti. Specie in riferimento al solito problema di contrapposizione fra turisti e residenti di cui si parla tanto.
Sotto gli ombrelloni che via via si riempiono (la foto l’ho scattata alle 7 e c’ero solo io) molti sono clienti del campeggio adiacente. Altri sono giunti alla spicciolata dai Comuni limitrofi.
Getto uno sguardo sulle vicine spiagge libere. L’arenile prosegue a perdita d’occhio per diversi chilometri, quasi tutti sabbiosi e con ampi tratti di spiaggia libera. Calcolo un 70 ombrelloni in 2 chilometri, sono tutti disposti in riva al mare, aliasi in un’ipotetica prima fila. il resto della spiaggia è vuoto. Intravedo in lontananza altri due lidi e so che ce ne sono altri 2 poco dopo afferenti a resort. Stimo un 700 persone in tutto, lidi compresi.

Tutto molto tranquillo e piacevole, anche se una domanda mi sovviene: come mai così poca gente, visto che poi domenica immagino si scatenerà l’inferno di lamiere? È una questione culturale (alias una scelta) o non c’è ancora possibilità di scelta causa lavoro e scuole?
Ho chiesto ai titolari del lido, mi dicono che l’abitudine è venire a mare di domenica e poi in modo più significativo a luglio e agosto, a prescindere dalle temperature. Ma che comunque non c’è mai troppa folla. Loro intanto lavorano da decenni, segno che gli affari così male non vanno.
Considerando che la località dove mi trovo non è particolarmente nota, anonima a chi viene da fuori come la gran parte delle destinazioni balneari dell’intero arco jonico, considerando le chiacchiere fra i presenti che vengono quasi tutti dal primo paesino dell’entroterra, un pensiero mi sovviene: forse il segreto per mantenere l’equilibrio in una destinazione balneare è non fare nulla per attrarre più turisti.
O meglio: andare a mare quando fa caldo andrebbe considerata prima di tutto un’esigenza sociale, salvaguardata in tutti i modi. Poi a seguire si può pensare al turismo. Se non c’è modo di pianificare partendo dalla salvaguardia di utilizzo del mare da parte di chi abita in zona e solo dopo dei turisti, non come ora dove in tanti luoghi le spiagge libere sono pezzi minuscoli in mezzo a lidi a pagamento, allora meglio lasciare tante località nell’oblio.
Intanto proverò a ripassare uno di questi sabati di luglio per vedere come è la situazione.

