Dopo l’esclusione dal nuovo sito patrimonio unesco della via Appia i sindaci dei comuni interessati hanno scritto al ministro per capire come trovare una soluzione a questo “terribile” episodio. Ma perché è tanto importante farne parte? Ecco una breve spiegazione.
Ascoltando la conferenza stampa ministeriale a seguito del riconoscimento sembra che per la politica nazionale sia solo una questione campanilistica, una gara infantile a chi ha più siti (ci aveva gia pensato il signor B. a porla in questi termini) con in sottofondo un discorso legato alla valorizzazione.
Come ben riassume nel suo libro “il selfie del mondo” Marco D’Eramo, l’invenzione dei siti patrimonio UNESCO è nata negli anni 70 per preservare i siti con un’accezione tardo romantica (perfino stucchevole nel negare la possibilità di innovare) legata a questa nuove esigenza di tutelare il patrimonio.

Eppure oggi appare evidente che i motivi per cui in tanti agognano di farne parte è legata a finanziamenti capaci di permettere la valorizzazione in chiave turistica.
In pratica, sempre per usare le brillanti parole di D’Eramo, è diventata oggi giorno l’etichetta di qualità, il label che certifica la valenza turistica di un posto.
Come mai questa trasformazione? Un tempo era sicuro motivo di orgoglio e di responsabilità (basta parlare con qualsiasi materano che si ricorda cosa accadde nel 1993) ma si sa poi nel tempo le cose cambiano; magari non nelle stanze UNESCO ma in chi propone di candidarsi a livello locale e nazionale.
E che sia più una questione di opportunità e di possibili fondi che auspicano una maggiore competitività turistica è lecito pensarlo, bastava leggere poco tempo addietro le preoccupazioni a Venezia che ha rischiato di essere inserita nella lista dei patrimoni a rischio depennamento.

Questa liason col turismo era gia stata fatta anni addietro da diversi studiosi che avevano notato come nel tempo l’idea originaria di preservare dal rovinarsi si è trasformata in un’etichetta turistica.
L’assioma lo ritroviamo ben raccontato in una recente commedia italiana dove il sindaco di un paesino del Cilento è disperato perché il loro unico sito di pregio (un antico mulino) si è rotto ed è imminente l’arrivo di (fantomatici) ispettori europei per ricevere il premio borgo a impatto zero e tanti soldi, chiosa l’attore-sindaco.

La colpa è un po della classe politica che spinge su questi riconoscimenti non per rafforare identità, orgoglio, senso di appartenenza e perché no educazione alla conservazione del patrimonio ma anche dell’UNESCO, che dovrebbe modificare il suo iter e inserire non solo carte dove si narra della presenza di realtà attive sul sito ma anche richiedere processi educativi della cittadinanza.
In attesa che qualcuno più influente di mi sposti l’accento del dibattito su questi aspetti, la domanda sorge spontanea (o quasi): si starebbe meglio nel rapporto siti-cittadini-turisti se non si stesse nella lista UNESCO?
Ve ne parlerò prossimamente 🙂

