Fra tutele e nuove fruizioni

Il Parco nazionale dell’Alta Murgia è stato riconosciuto geo parco dall’UNESCO. Un traguardo importante, frutto di un gran lavoro e di un buon coinvolgimento del territorio da parte dell’Ente Parco. Siamo stati presenti per il Vagbondo all’incontro pubblico con i commissari a Minervino prima che iniziassero il loro tour ispettivo e c’era entusiasmo e speranza da parte di sindaci e operatori.

Eppure quando si parla di siti UNESCO c’è chi storce la bocca (non in questo caso). Come ho raccontato in un recente post non tutti sono felici che il proprio territorio venga associato agli elenchi dell’UNESCO, volti pe rlo più alla tutela oltre che alla fruizione. Fra l’altro ci si lamenta per gli eccessi posti sulla conservazione, che guarda troppo al passato e non permette cambiamento o innovazione.

Il problema non riguarda tanto i siti naturali ma per lo più quelli antropizzati. Marco D’Eramo ci porta alcuni esempi interessanti su come alcuni siti non avrebbero oggi potuto ospitare moderne architetture (che in futuro saranno apprezzate perché mostrano il genio degli architetti di oggi) e come sia pericoloso guardare troppo al passato. E suggerisce di seguire il pensiero di chi preferisce attribuire nuove funzioni ai siti.

Cava Pontrelli. Immagine tratta dal sito del Parco

D’altronde il problema del rapporto fra cittadini e tutele è a prescindere dai discorsi turistici (vale anche per i Parchi, spesso visti solo come fonte di vincoli). La tutela ha forse senso solo se viene promossa come discorso legato al senso di appartenenza, a scelte comuni, a essere comunità. Se no per il cittadino è solo una rottura di scatole, a prescindere dal turismo.

Non esiste una strada che metta tutti d’accordo o che sia salvifica, a mio avviso. Concordo come principio che mettere sotto una campana di vetro (di fatto: musealizzare, anche un intero centro storico) è rischioso e che rendere nuovamente funzionale un sito sia una strada più interessante da seguire, ma non sempre un’idea di principio risulta virtuosa poi nella pratica. Insomma sarebbe meglio creare un mix virtuoso dei due concetti. Un sito tutelato e maggiormente fruibile non è solo un regalo ai turisti ma anche ai cittadini, in fondo, perché può far migliorare l’orgoglio e il senso di appartenenza. Ovvio bisogna pretenderlo, specie se lo si da in gestione.

Basta andare dove non c’è alcuna tutela UNESCO per capire che le alternative a queste tutele sono:

– l’abbandono dei siti.

– lasciare che ognuno faccia i cambiamenti che vuole (vedi centri storici non tutelati e uso spasmodico nel recente passato di verande e infissi improponibili che seguivano le proposte a basso costo – a Pomarico c’è un esempio di sito rifunzionalizzato nel tempo con il palazzo nobiliare divenuto in parte condominio e non è un bel vedere mentre a Laterza almeno il palazzo marchesale musealizzato è un gioiello non solo per i turisti, mentre il centro storico risente degli stili fai da te).

– Rifunzionalizzazione in termini cerimoniali, con antichi palazzi, castelli e masserie fortificate che diventano sale ricevimenti come a Faicchio (BN) e in molte masserie della murgia e delle gravine, giusto per fare qualche esempio. In tal caso gli abitanti entrano solo se invitati alla cerimonia e i turisti solo in rare occasioni.

Cava di bauxite – foto tratta dal sito http://www.murgeopark.com

Probabilmente essere oggi in una lista UNESCO attrae fondi e turisti. Ma non è così grave, l’alternativa non sempre è migliore. E l’esempio dell’Alta Murgia è interessante, un punto di inizio.

Sapere che oggi grazie allo sforzo per entrare nella lista UNESCO dei geoparchi è possibile tornare ad ammirare un luogo suggestivo come la cava di bauxite di Spinazzola non può che renderci felici tutti, è un motivo d’orgoglio. Se non ci fosse stata quella spinta chissà se mai sarebbe accaduto.

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