Sono a Cagliari per puro caso.
Devo andare altrove, all’altro capo della Sardegna.
Poi si sa, la vita non scorre lineare e così capita, in questo caso a causa di un volo low coast, di atterrare nel sud dell’isola.
Non so nulla di questa città, non mi sono preparato. Tanto devo ripartire fra poche ore.
Al più un bagno nelle vicinanze, è settembre inoltrato ma fa ancora decisamente caldo.
Vabbé, prima un piccolo giro per le viuzze di Cagliari, sollecitato forse da un libro di Soriga che ho iniziato a leggere in viaggio.
Giro senza meta, a caso, solo con la voglia di scorgere qualcosa di interessante, ma senza la pretesa di capire nulla.
Qualche ora per osservare e ascoltare, al più chiedere. Ma anche leggere, scrivere, odorare, toccare.
Lasciar spazio alle sensazioni.
Mi inoltro in una zona pedonale, stradine ben sistemate, palazzi che alternano facciate colorate ed altre sgarrupate.
Vetrine piene di riferimenti letterali e di attualità.
Barlumi di globalizzazione old style, con le offerte della cocacola che si abbinano a qualsiasi cosa, anche al fitto bici.
Migranti di vario tipo, dai bancarellari ai gestori di negozi.
La gelateria biologica ed equosolidale in pieno centro.
L’orto botanico, pieno di piante di tutto il mondo quasi fosse un zoo dedicato alla flora. Bello e pieno di zanzare affamate.
Un forno di 100 anni, un’attività di mezzo secolo la cui fortuna si intreccia con il ripopolamento e il restyling del quartiere, l’esser riusciti dopo tanti anni a vendere al dettaglio e non più tramite la grande distribuzione.
Le lenzuola di chi invece della movida, fonte di vita, vorrebbe un deserto silenzioso.
Latouche seduto al tavolino come un viaggiatore qualsiasi.
Un dibattito in piazza partecipato nonostante l’ora calda.
Un gelataio che non vuole davanti alle sue vetrine la fermata di un bus turistico invece di approfittare della folla che si crea davanti alla fermata in attesa del suo arrivo.
Mostre su temi di attualità nello splendido edificio che un tempo ospitava il liceo artistico.
I bastioni imponenti con le loro porte che ancora incutono timore a passarci sotto.
Un festival, che spiega tutto questo fermento nel quartiere della marina.
Pieno di gente, civile, partecipato come non è facile trovarne, con musicisti e relatori che te li trovi in giro nelle strette viuzze di questo antico quartiere che ancora oggi non riesce ad affermarsi come potrebbe.
Turisti che sciamano.
Cittadini cagliaritani che sciamano.
Le piazze piene.
La poesia musicata di Gian Maria Testa.
4 giorni di festa e di cultura, cocktail ideale.
“Marina café noir”.
L’anno prossimo sarà il decennale.