Erano anni che non facevo un viaggio zaino in spalla, senza un itinerario preciso, una meta particolare, ma con una data di partenza e di arrivo già ben fissate. Soldi in tasca pochi, ma questa non è una novità. Voglia di incontrare gente che abita nei luoghi dove transito tanta, una peculiarità che contraddistingue ogni mio viaggio.
Tappa dopo tappa, le persone che mi incontravano dicevano che ero un vero viaggiatore, niente a che vedere coi turisti. Questa distinzione fra turisti e viaggiatori, da decenni abbandonata da qualsiasi studioso di scienze sociali, è sempre presente nell’immaginario comune, e vi dedicherò una serie di post; però io mi sento più un turista responsabile, sebbene avverta il fascino del considerarsi viaggiatore.
Turista perché do’ ragione a Bauman quando con abile metafora divide le persone del mondo (post)moderno che si spostano in sole due categorie: i turisti e i vagabondi.
I primi viaggiano per scelta e se lo possono permettere (per condizioni economiche ma anche perché appartengono a società dove viaggiare è consentito, tollerato, o addirittura apprezzato e fomentato).
Gli altri viaggiano per necessità.
D’altronde in una destinazione, chiunque passi è considerato un forestiero, indipendentemente da se si comporta con rispetto o con disprezzo, se ha voglia di conoscere usi e abitudini locali o se ne infischia e vuol solo sbracarsi sulla spiaggia e non aver autoctoni intorno. Al più il secondo sarà poco tollerato e per niente apprezzato, il primo magari sì, ma sempre forestiero è.
Altra grande difficoltà nel parlare di viaggiatori e turisti consiste nel continuo utilizzo di servizi ad hoc per turisti, come i luoghi per dormire o anche il viaggiar con compagni aer spci low coast. Che non sono servizi accessibili a tutti, chiedete a qualche giovane di un paese non occidentale cosa significhi trovare i soldi o riuscire ad ottenere i permessi o i documenti per spostarsi in altro paese, anche solo per un viaggio esperienziale o ricreativo.
Una presunta distinzione che invece per ora resiste nella mia testa e su cui farò future riflessioni nasce dallo spunto fornito da un amico di Siviglia mentre mangiavamo in una trattoria economica e di buona qualità. Gli spiegavo che ero andato in giro per la città senza una mappa e senza preoccuparmi di cosa dovevo vedere, mi interessava più che altro immergermi per pochi giorni nell’atmosfera locale. “Esto es como un viajero!” sono state le sue parole.
E’ vero, andare così lontano e non farsi il minimo problema di non aver visto praticamente nessuno dei siti per cui Siviglia cerca di distinguersi da altre mete, potrebbe essere una traccia di differenza su cui ragionare, magari a lungo, magari assieme.
Che si può collegare immagino alla presunta distinzione che vuole il viaggiatore non fare un uso consumistico del suo viaggiare, opposto al turista consumista. L’ipotesi è interessante, magari il primo può essere identificato (anche) come turista responsabile?
Pensiamoci su.
28 Feb
Posted by Roberto on 28 febbraio 2013 at 19:32
ciao, allego il link all’intervista che gentilmente mi ha fatto Angela Pizzi per il festival “Itacà”: la prima domanda era proprio sulla dicotomia turista/viaggiatore…. 😉 http://www.festivalitaca.net/2013/02/in-viaggio-verso-it-a-ca-con-retour/
Posted by Alessandro on 27 settembre 2012 at 07:22
Ciao Sergio, ci conosciamo dai tempi degli scout, ma poi ci siamo persi di vista.
Molto interessente questo tuo spunto di riflessione. Io credo che l´atmosfera di una città, così come essa è vissuta dalla gente che ci abita, non necessita di un tour dei suoi siti di interesse per essere riconosciuta. Forse ci si può anche arrivare ad uno di questi siti, ma magari solo per caso, nel girovagare spontaneo per le strade, spinti solo da istinto e curiosità. Credo che solo girovagando un po´ a naso si corra anche il rischio di andare a finire in qualche periferia che di interessante non ha davvero niente,m a che al contempo fornisce un pezzo della realtà del posto. Insomma sentirsi liberi di perdersi senza avere l´ansia di dovere visitare quanti più monumenti e musei possibile. Poi è anche una questione di scelta che va fatta in partenza, sul tipo di viaggio che vogliamo fare. Magari la volta dopo ci si spara l´offerta completa di visite guidate che un posto può offrire, tornado poi a casa con la sensazione di aver visitato dei musei che potevano benissimo stare in un´altra città.
Posted by Alessandro Libraro on 5 marzo 2012 at 23:38
Ringrazio Sergio per gli utili spunti di riflessione. A mio parere, per immergersi nell'”atmosfera locale” bisogna approcciare i simboli che rendono coesa la comunità che si incontra, bisogna educarsi alle forme che la contraddistinguono, leggere l’urbanistica che essa ha espresso ed in cui continua ad evolversi, i riferimenti topografici ed onomastici che la consacrano, le tappe e le vicende storiche che segnano la sua età e portano al suo presente. Tutti questi segni sono scritti proprio nei siti per i quali ogni luogo si distingue da altre mete. Ed il fatto che processioni di turisti vi si rechino non li rende meno utili a ricavare quei significati che ci consentono di comprendere i luoghi e le persone che li abitano.