La notizia apparsa pochi giorni fa del cambio di frecce dei cartelli stradali a Napoli, per dirottare i turisti verso luoghi dove frotte di abusivi attendevano gli ignari turisti per vendergli qualcosa non rappresenta un caso unico, al di là del clamore mediatico ricevuto. E’ accaduto l’anno scorso anche a Matera, stesse tecniche, stessi fini.
Potremmo parlare di una questione di ordine pubblico, in cui da una parte ci sono i buoni e dell’altro e i cattivi, ma mi interessa approfittare dell’accaduto per una riflessione più articolata su etica e turismo, o meglio sull’idea che il turismo non è solo business, ma esperienza.
Intendendo dire che il viaggio è un’esperienza per i turisti, arricchente sotto il profilo umano per via dei possibili incontri con gli autoctoni. Ma allora se è qualcosa che riguarda due soggetti, non basta solo la volontà dell’uno. A meno che per esperienza non pensiamo solo al fatto che viaggiando, un turista avrà degli incontri che, belli o brutti che siano, rappresenteranno un’esperienza. Ma poiché i fautori del turismo come esperienza intendono contrapporre questa loro bella idea al turismo inteso solo come business, è bene chiedersi se per le comunità locali il turista è fonte di arricchimento economico o esperienziale.
In genere gli abitanti di una destinazione turistica possono essere divisi fra:
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operatori turistici, legali o abusivi che siano, per i quali il turista è innanzitutto una merce, l’oggetto dei desideri, colui che ha quel denaro di cui si abbisogna, a cui vendere qualche servizio, di qualità o scadente;
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persone che col turismo non hanno niente da spartire, concentrate sulla propria quotidianità.
Tale distinzione non ci aiuta granché a capire i diversi comportamenti tenuti dai residenti di un luogo rispetto ai turisti, poiché in entrambe avremo persone più o meno corrette, più o meno affabili, più o meno desiderose di entrare in contatto coi turisti.
Nella prima categoria oscilleremo dallo spennatore di ingenui polli, agli onesti operatori turistici; da chi li tratta in modo rozzo a chi li tratta coi guanti e col sorriso sempre sulla bocca. Ma il soldo sarà sempre l’unico parametro alla base di qualsiasi atteggiamento. Si entra in contatto col turista per motivi economici.
Anche nella seconda categoria troveremo una gran varietà di persone diverse, ma il contatto col turista non sarà dovuto al soldo ma qui sì all’esperienza.
Se una persona si offre di accompagnarti e non ti chiede soldi lo sta facendo per un senso di accoglienza tipico ad esempio del Sud Italia, o per farsi una chiacchiera con un forestiero; se invece ti chiede soldi ti sta offrendo un servizio turistico, abusivo o legale che sia..
Accade dunque che chi non ha nessun interesse all’interno dell’economia turistica locale, è più probabile che fornisca consigli spassionati, vedi il successo di community web fatte dai cittadini come la piattaforma web Angeli per viaggiatori, in cui ognuno può iscriversi per dare consigli gratuiti ai viaggiatori; o siti similari.
Magari noi turisti non riceviamo esattamente ciò che vorremmo, i parametri spesso sono diversi, ma la gratuità assicura (se non del tutto, in gran parte) che il gesto, il consglio, il servizio offerto vuole essere ricambiato da un diverso tipo di economia, non monetaria.
Se ne deve concludere che per essere esperienziale, il turista deve trovarsi di fronte persone che non mettono al primo posto il soldo, la transazione economica; cioè persone che di turismo non campano. Il che significherebbe dire che l’unico turismo esperienziale è quello fatto da viaggiatori che si interfacciano con persone che non lavorano nel turismo, come accade per i viaggiatori che aderiscono al circuito wooff.
Ma si può anche pensare che chi col turismo ci fa un’integrazione a reddito si senta più libero di esser sé stesso, di potersi relazionare al turista senza per forza dover anteporre i soldi al tema dell’esperienza, dell’incontro o anche del non incontro. Che sono un po’ le caratteristiche ispiratrici di realtà come gli agriturismi e i bed and breakfast, di chi svolge una professione turistica più per passione che per lavoro. Di chi insomma a fine mese ci arriva a prescindere.
Con buona pace di chi descrive il turismo tout-court come un’attività esperienziale.