Viaggio ai tempi del covid – 20

20 – LE TRADIZIONI

Il giorno dopo la proprietaria si ripresenta con altre leccornie cucinate in casa con prodotti della zona, niente che si trovi di solito nei menu dei ristoranti locali.

Che delizie! Che profumi! Che tesori che offre questa terra! Per non parlare della capacità di cucinarli.

Tutti così i borghi dell’Italia interiore, preziosi scrigni per pochi intimi.

Foto di Francesca Raimondi

Ma non basta per restare ovvio. Specie se si è giovani e capaci.

Ci concentriamo sulle tradizioni, agricole e non. Qui la natura è davvero rigogliosa e la gente si ingegna a cucinare in modo delizioso.

Solo coi cinghiali, che da queste parti da alcuni tempi abbondano, non è andata bene, ci dicono. Mentre col tartufo…

“Ma perché c’è il tartufo da queste parti?”, chiede Lino.

“Certo, anche tanto. Vengono a prenderselo pure dal Piemonte, per quanto è pregiato. Ma purtroppo non si riesce a valorizzarlo come si potrebbe”, ci raccontano al bar.

Il figlio di un cacciatore ci racconta invece che il padre pure se spara a un cinghiale, neanche lo raccoglie più, non hanno mercato, nessuno li vuole. “Ci hanno provato in passato, ma sarà che nessuno ha mai imparato a cucinarlo bene, sarà che non è mai entrato nella tradizione culinaria locale, chissà. Eppure qua un tempo mangiavano volpi e istrici, che pure bisogna saper cucinare con attenzione”.

Peccato, mi sarei mangiato volentieri un po’ di cinghiale, me ne scusino i vegetariani.

Le novità prima di diventare tradizioni hanno bisogno di tempo e perseveranza. Alcune si perdono per strada, finché qualcuno non decide di provare a riprenderle. In fondo anche il carnevale di Venezia oggi famoso è stato ripreso e reinventato mezzo secolo fa dopo secoli di oblio.

La giornata prosegue nel più totale relax, purtroppo non ci sono eventi quest’anno, né qua né altrove. E’ saltata la sagra del raskatiello nonché la storica festività delle gregne, spighe di grano intrecciate in modo artistico. E in inverno si era già dovuto rinunciare al rinomato carnevale.

Certo che un borgo privato delle proprie feste tradizionali deve viversela peggio delle città, per gli abitanti deve essere una tragedia. Già si è fin troppo resilienti, ma se mancano pure i riti buonanotte.

A Teana poi, come a Latronico e in tanti altri borghi, la vita quotidiana si è spostata vieppiù dal centro storico alle nuove zone a ridosso della parte antica, ma manca la piazza.

A me fa davvero strano, ma forse lo noto solo io. Per fortuna ci si ingegna, e alla bisogna si interrompe il flusso stradale per permettere qualche iniziativa o una zona pedonale nelle ore di punta.

Aspettiamo solo di appurare qualcosa su misteriosi semi, poi sarà tempo di tornare in città.

One response to this post.

  1. Posted by amleta on 17 marzo 2021 at 14:41

    Mia nonna si alzava alle sei di mattina, ogni lunedí, e faceva il pane col grano coltivato da mio nonno. Il pane veniva cotto in un forno a legna. Durava una settimana e non ammuffiva mai. Era una farina ottima. Era un grano non modificato. Mia nonna faceva anche la pasta. La mattina faceva colazione con pane e latte oppure con 2 uova fresche al tegamino, uova delle sue galline. Mia nonna è morta a 95 anni senza mai mettere piede dentro un ospedale.

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