Fra una settimana si saprà quale fra le 6 città finaliste sarà nominata capitale della cultura europea per il 2019. La commissione ha finito il suo giro. In lizza ci sono Ravenna, la città che prima di tutte si è mossa per essere incoronata, poi Matera, Perugia, Siena e le sorprese Cagliari e Lecce.
6 splendide città, 6 diversi temi, 6 diversi modi di lavorare e di proporsi.
E mentre i comitati si preparano all’esame finale che si terrà a Roma, in città è tempo di fare i bilanci, a prescindere da come andrà.
Che Matera sia fra le finaliste quella che rappresenta le caratteristiche più particolari, è un dato di fatto, se ne sono accorti anche i commissari. Il suo centro storico è infatti caratterizzato sia dalla strana forma, sia soprattutto dalla presenza di siti scavati nella roccia calcarenitica, basti pensare a quel gioiello di auditorium che è casa Cava.
E che sia la città che più di tutte merita il titolo perché è stata capace di passare da vergogna nazionale a questa finale nel giro di sessant’anni, pure.
Ma cerchiamo di entrare più addentro a cosa è accaduto in questo piccolo capoluogo dell’Italia meridionale per capire meglio come è andata e che aria si respira in città.
Partecipare alla gara è stato senza dubbio salutare, come sempre quando una città si da’ una missione, al di là di tutte le critiche che possono e vanno fatte a chi gestisce un qualsivoglia processo.
La potenzialità è semplice quanto basilare: tende ad aggregare. Volente o nolente, qui come immagino altrove, tutti coloro che fanno parte della scena artistica e culturale hanno dovuto convenire che qualcosa stava accadendo, che c’è stata un’accelerata, che un processo è partito e conviene a tutti che non torni più dietro.
Che non significa che prima non ci fosse nulla, anzi, se la città è risorta non lo deve a questa competizione ma a diverse generazioni di professionisti che, ognuno nel suo campo, ha scommesso sulla ripresa nei decenni passati.
Non c’è solo la fondazione Zetema a occuparsi di recupero di beni e realizzazione di siti museali, per quanto l’apertura di Casa Ortega abbia rappresentato sicuramente il culmine di questa candidatura.
Né c’è solo il comitato Matera 2019.
In tanti nel recente passato e tutt’oggi si sono dati da fare, senza di loro la città non avrebbe avuto le gambe per reggere alla distanza questa lunga gara.
Su questo zoccolo duro di professionisti si è innestata nuova linfa proveniente da fuori, penso per esempio al grande attivismo dimostrato dalla sovrintendente Marta Ragozzino, che invece di limitarsi ad amministrare, si è spesa con grande verve per organizzare e far organizzare all’interno del museo molteplici iniziative, tutte molto seguite, dando spazio al protagonismo di molte realtà locali. Il tutto ha permesso di far passare gli ingressi al museo di arte moderna da meno di 17.000 del 2010 a quasi 22.000 nel 2013 (fonte ministero).
L’elenco sarebbe lungo ed è inutile farlo tutto, qualcuno ce lo si dimentica sempre.
Di sicuro c’è stata un’accelerata, un crederci al di là delle critiche tipiche in un paese che conta appena 60.000 abitanti, molte delle quali assolutamente giustificate e che saranno oggetto di confronto o di scontro anche nel futuro, come giusto che sia in un luogo democratico. E che come sempre girano attorno a come si spendono i soldi e a come si decidono le persone da coinvolgere. Tematiche su cui ci sarà da lavorare certo, ma ciò non inficia che tutto il lavoro fatto ha dato speranza di rinascita, specie in Regione, da dove sono arrivati apporti significativi nonostante le distanze da percorrere per giungere a Matera non siano mai facili da affrontare.
Oggi grazie a questa gara Matera si presenta finalmente non solo come un set per film ambientati altrove, ma come una città dove le tante capacità artistiche e culturali camminano assieme; e che presenta una progettualità che parte dall’esistente e cerca di spingersi più in là.
Per quanto mi riguarda Matera ha già vinto la sua sfida, e lo si è visto durante l’affollata visita della commissione europea, specie per le strade di via Ridola. Perché se n’è parlato per ore nelle piazze, a fari mediatici spenti, fra fautori e dubbiosi, tutti sapevano, tutti commentavano.
E perché comunque vada tanti nuovi attori si sono potuti mettere alla prova, fare rete, capire le problematiche; insomma c’è una coscienza oggi sulle proprie potenzialità che pochi anni fa era appannaggio di pochi.
Ora, in attesa di sapere a giorni il verdetto, la sfida per tutte le città sarà capire se tutto questo meccanismo che è stato innescato, le speranze e il protagonismo collettivo, potranno davvero andare avanti o saranno stritolate dalle problematiche di liquidità legate al patto di stabilità.
Se ci sono valide produzioni artistiche e culturali, Matera nei prossimi anni potrà diventare una meta significativa del turismo culturale italiano. Se no le attese per la crescita del settore turistico, che vedono sì un aumento dei pernotti a fronte però di una permanenza media crollata in pochi anni di quasi un giorno, saranno tradite.
Turismo e cultura vanno a braccetto in un posto così denso di significati, non ci potrebbe essere il primo senza il secondo.
Posted by sidibi on 18 ottobre 2014 at 16:26
Complimenti e auguri per tutto quello che riuscirete a fare (anche se vivo in provincia di Siena … tifavo per Matera!). Sara` una bella occasione per ritornare.