9 (II parte) – RESILIENZA
Su chi deve decidere cosa è la tradizione ne nasce una discussione nel mentre sorseggiamo l’amaro.
– Proviamo a vedere la situazione non dal nostro punto di vista, vi va?, chiede Paolo, che senza neanche attendere risposta prosegue: sia chiaro, io non sono dell’idea che bisogna abiurare alle nostre idee per rispettare gli altri. Però dico: se a casa mia si fa come dico io… a casa loro ci si adegua. Vi pare? Un po’ come quando entriamo in chiesa da turisti e non ci vogliono far entrare se siamo vestiti…

– Da turisti!, dico io e trangugio l’ultimo goccio, pensando che quasi quasi ne ordino un altro.
Gli altri annuiscono.
Paolo incalza, per fortuna è talmente lucido da non aver bisogno di troppi giri di parole per esprimere cosa pensa. – La comunità locale può dettare le sue regole, ammesso che ne abbia? O deve soddisfare i nostri bisogni turistici e basta?
Noi silenzio, attenti, al più.
– Insomma per farla breve se il principio è valido se non è a senso unico, chi vive in un borgo e fa della resilienza la sua ragione di vita può decidere cosa gli serve e cosa no, cosa deve essere tradizionale e cosa va riportato alla modernità. Un borgo è un borgo, è un pacchetto completo: prendere o lasciare.
Paolo ha concluso in crescendo e ci guarda sfidante, della serie: ora chi me la smonta questa impalcatura teorica?
Io lancio una smorfia poco convinta; non è che non abbia ragione, anzi. E’ che forse dal confronto potrebbe nascere sempre una società migliore, più ricca culturalmente parlando. Però sul fatto che non è detto che io abbia ragione e loro torto, beh c’è poco da dire, mi ha steso.
– Avete letto che all’anagrafe di Milano il cognome Hu, che non direi tipicamente lombardo ha superato il signor Rossi? E allora chi detta le regole i cinesi o i meneghini? Interviene Uccio che quando parla, le poche volte che apre la bocca, sa il fatto suo.
– Quindi possiamo dire che Milano è una città cosmopolita dove diventa difficile distinguere quale sia la cultura prevalente; sono varie e ben venga, w la ricchezza culturale di un luogo. Cambiamento e tradizione sono come due placche tettoniche in perenne lento movimento, e quando si scontrano sono dolori. Però certo, alpi e appennini sono nate da questi scontri.
Hai capito l’informatico! Paolo lo guarda ammirato, gli ha tenuto bene testa.
Si opta per un altro giro di amari. A me tutta questa discussione mi fa venire in mente una domanda: ma il turismo, in tutto questo? Deve rispettare o farsi rispettare? Ma soprattutto può scegliere cosa gli piace e cosa no?
– Etciu!!!! Maledetta allergia.
Tutti si voltano a guardarmi, leggo preoccupazione nei loro volti, qualcuno indossa in fretta e furia la mascherina, altri chiamano il cameriere; capace che chiedono di farmi andar via, fortuna che avevamo praticamente finto. Leggo nei loro occhi che mi hanno già condannato: sono un possibile untore, devo solo decidermi se darmi alla fuga o affrontare con orgoglio la sfida.
In realtà mi sento un idiota, mica li volevo far spaventare. Di sicuro la voce correrà di bocca in bocca, già mi vedo scacciato dai bar del paese, nessuno mi vorrà servire un caffè o una bevanda al mandarino verde.
E’ un anno in cui neanche uno starnuto è più considerato normale.
Si va a dormire consapevoli che è un anno difficile.