In questo periodo escono i dati ufficiali delle Regioni sul turismo nel 2017. Generalmente nelle presentazioni ufficiali si sottolineano i dati dove c’è qualche segno + rispetto all’anno precedente e finisce là. Ma il compito dovrebbe andare oltre, utilizzando e incrociando più dati, per un’analisi dei vari aspetti legati al turismo. Mi spiego meglio…
Confrontarsi con l’anno precedente rischia di essere un esercizio di stile fine a se stesso se non allarghiamo lo sguardo ad altre Regioni o zone concorrenti/complementari; servono inoltre altri dati, che riguardano fattori legati agli impatti del turismo; ma anche elementi qualitativi e quantitativi più complessi.
Il confronto con le altre Regioni
Il turismo è una sfida globale e come tale va affrontato. Che una Regione abbia un + rispetto non basta perché, piaccia o meno, se un turista sceglie un luogo non ne sceglie un altro, al netto dell’aumento del numero dei turisti mondiali. Il dato va confrontato anche con quanto avvenuto in Italia, con le Regioni limitrofe o per certi versi analoghe; con le zone/province confinanti; o con i flussi nel Mediterraneo. Ma anche usare altri dati esistenti, come per esempio gli ingressi nei musei.
Lettura più ponderata
A tutti fanno piacere i +, ma per un’analisi attenta, oltre a valutare tutte le zone, altri parametri sono importanti. Uno di questi è la permanenza media, che se scende di uno 0,10 significa che mancano all’appello molti pernotti rispetto all’anno precedente. Per capirci, il meno 0,10 in Basilicata significa che sono spariti 75.000 pernotti. Magari è in linea con le tendenze nazionali, ma non è un dato da poco. I 151.000 pernotti in più sono un buon dato, ma ne manca un terzo per restare sull’andamento del 2016.
Gli impatti
Il turismo non può essere misurato solo come classifica di arrivi e presenze, cioè di quanta gente si riesce a far dormire, relegando tutto il resto a effetti secondari. Certo si parte da lì, ma è solo un primo scalino (che fra l’altro nulla ci dice sull’escursionismo) ma non è detto che se dorme più gente siamo tutti più ricchi o felici. Per avere un’idea di come sta andando davvero la situazione in una destinazione bisogna avere altri dati che guardano da un lato le ricadute economiche: l’occupazione nel settore, la qualità del lavoro (se lavorano più persone ma sottopagate magari non è proprio una bella situazione), il rapporto emigrati/immigrati, il rapporto presenze/posti letto. Ma anche monitoraggio degli impatti ambientali e socio-culturali, fattori che vengono presi in considerazione solo quando c’è qualche grosso problema in atto o proteste. Ma che sono fondamentali per mantenere armonia fra cittadini e turisti.
La necessità di altri dati
Sono decenni che gli studiosi del turismo sottolineano che gli storici dati utilizzati per fare il punto della situazione non bastano, serve tanto altro. Qualche Regione ha iniziato a muoversi, in Puglia ad esempio ora sono disponibili nuovi dati elaborati da realtà specializzate che permettono di avere qualche informazione in più, come ad esempio l’uso dei big data, o delle celle telefoniche per provare se non a quantificare quanto meno ad avere un’idea del fenomeno degli escursionisti, croce e delizia degli amministratori locali.
O con metodi classici ma se ben realizzati di grande utilità. A Bologna fuori a un museo c’erano i rilevatori che intervistavano i visitatori chiedendo fra l’altro capacità e tipologia di spesa, apprezzamento dei siti visitati, etc;
Preoccupante vedere ancora oggi Regioni che non investono in questo settore, che è fondamentale per la pianificazione turistica.
Per saperne di più sull’approccio della Puglia: https://www.agenziapugliapromozione.it/portal/documents/10180/2920246/PugliaInnovazione