Il Vagabondo e Matera 2019 – 8) La formula del festival

Ha senso proporre un festival culturale in una nazione che riconosce e finanzia solo quelli che prevedono spettacolo dal vivo? (musica, teatro, danza, circo). E’ questa la domanda che ci poniamo ogni anno prima di decidere se organizzare una nuova edizione del festival.

inaugurazione dell’edizione 2019. ph Ciriaca Coretti

A volte diamo per scontato la risposta ma non dovrebbe essere così. Qualche anno fa durante un incontro a casa cava, l’organizzatore di un importante festival di jazz chiese a noi partecipanti se ce l’avesse prescritto il dottore di organizzare un festival.

La domanda, dai chiari e nobili intenti provocatori, mi fece pensare. Il ragionamento che portò avanti mi è sembrato puntuale e illuminante. A volte si pensa di organizzare un festival partendo dai propri interessi senza prima chiedersi se il territorio dove vogliamo realizzarlo possa essere interessato. Il risultato è una marea di festival con poche persone che soddisfano solo all’ego degli organizatori, che magari poi si lamentano che le istituzioni non danno loro soldi a sufficienza.

le installazioni per l’edizione 2019 dell’arch.Elena D’ambrosio

Ovviamente poi c’è anche da ragionare sul fatto che l’importanza e la valutazione di un festival non dovrebe dipendere solo dal numero dei partecipanti, ma neanche il disinteresse fa bene. E soprattutto di solito non è un festival che fa cultura, la cultura è un processo che va portato avanti nel tempo.

Certo a noi questo festival piace e intendiamo portarlo avanti, ma sappiamo quanto ciò cia impegnativo e il gioco deve valere la candela, come suol dirsi.

Per questo motivo siamo soliti organizzare durante tutto l’anno eventi che lo richiamano, in modo mantenere viva la fiammella dell’interesse da parte della comunità locale (e degli aficionados del genere) e poi lavorare con grande energia alle fasi finali dell’evento.

Il festival come apice di un percorso insomma.

durante uno dei laboratori del 2018

Anche nell’edizione 2019 abbiamo organizzato oltre alle attività principali (questo anno giochi) dei talk serali, una versione migliorata dell’exhibition game Martel.IA prodotto da TouPlay, un laboratorio web instagram. Insomma un prodotto completo che riteniamo possa incontrare l’interesse e il gusto di tante persone.

La formula del festival ha funzionato, non solo per i numeri ma pe rla qualità e per il benessere che hanno respoirato sia tutit coloro che hanno dato una mano sia coloro che vi hanno preso parte.

Ora c’è da capire che strada prendere. In questi mesi abbiamo ragionato su come migliorare l’idea progettuale, abbiamo lanciato ed organizzato una rassegna autunnale e come sempre stiamo facendo i conti.

Riusciremo a trovare i soldi sufficienti per realizzarlo come vorremmo? Gli enti ci finanzieranno? Ed è mai possibile che ancora esistono enti che ti danno un responso solo a fine anno, quando l’evento si è già bello e concluso? E i privati riusciremo a coinvolgerli in cambio di qualche soldino o di un cambio merci?

Nell’attesa di dare una risposta a queste domande, sottolineo un aspetto spesso sottotaciuto. Se è vero che tanta gente oggigiorno sfrutta le persone con la scusa della sharing economy, è anche vero che in modo corretto si possono far partecipare alla realizzazione di un festival tante persone che possono trarre dei benefici non monetari dal loro darsi da fare.

A volte cioè ci dimentichiamo che si può e si deve lavorare anche sul contenimento dei prezzi di un festival, spendendo solo i soldi necessari.

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