La decima puntata del mio racconto tocca le produzioni di cui sono stato game designer: giochi urbani. Un mondo che mi ha sempre affascinato per le sue potenzialità nel veicolare messaggi, uno strumento valido per affrontare questioni serie in modo simpatico.

In Italia non abbiamo una grande tradizione di urban games, un’esperienza che prende spunto dalle cacce al tesoro di antica memoria ma adeguata ai tempi che cambiamo. Noi del Vagabondo eravamo poco interessati a questo tipo di esperienze e siamo voluti andare oltre. Abbiamo deciso di miscelare il mondo del teatro con il game design, la forza della narrazione con la tecnologia; il tutto legato ai nostri interessi: promuovere i valori del turismo responsabile.








Purtroppo ogni volta che si vuole inserire qualche elemento valoriale nelle esperienze ludiche è facile che ne venga fuori un noioso gioco educativo, dove la morale è salvifica e tutto è architettato per far trionfare il bene contro il male. Neanche questo volevamo.
Ci siamo concentrati su un’esperienza autenticamente ludica per adulti, senza intenti moralisti, dove il divertimento ti pone di fronte a delle situazioni reali magari scomode, ma inserite in una narrazione fantasiosa, in un mondo parallelo. Un design pensato fin nei minimi dettagli, dopo tanto studio e molti confronti, anche di livello internazionale.



Peccato che in italiano la parola gioco abbia di fatto perso la sua originaria etimologia e sia stata relegata al mondo del ludico e di solito dei piccoli. Nel nostro caso recuperiamo il concetto che pone l’attenzione sul mettersi in gioco e sullo stare al gioco, alias la capacità che chiunque possiede di seguire delle regole e di partecipare da protagonista.
Ne stanno venendo fuori delle esperienze uniche, itineranti, con una trama propria, piene di effetti speciali, di attori in scena, di location mozzafiato. Piccole opere arte che coinvolgono i partecipanti facendoli diventare protagonisti. Scegliamo temi seri, come possono essere gli impatti del turismo, e li inseriamo in un’attività ludica.
Siamo partiti gli anni scorsi con Materopatia, grazie alla collaborazione fra gli altri di Cristopher Sandberg (the Company P), pioniere svedese di queste esperienze immersive. Un gioco site specifc nei Sassi di Matera che ha visto all’opera un bel numero di creativi, locali e non.

Abbiamo proseguito producendo nel 2017 Klink per conto della Fondazione Matera-Basilicata 2019, un urban game di grande impatto scenografico sotto la preziosa supervisione di Matteo Uguzzoni, che in Italia è senza dubbio colui che maggiormente ha impresso un accelerazione a questo tipo di esperienze. Lo realizzammo in collaborazione con Giallo Sassi, UISP e un’associazione teatrale amatoriale locale. Uno scenario distopico dove narrazione, effetti scenografici e light designing si sposavano con la teatralità.




E poi nel 2018 abbiamo cacciato dal cilindro due nuove produzioni: Penombra e Vagaplay, dove abbiamo rimesso al centro della narrazione i temi a noi cari, quelli del turismo responsabile. Lo strumento dell’urban game rivisitato per permettere a turisti e locali di partecipare alla pari, dove le missioni da compiere riguardano aspetti tipici del turismo e dei suoi impatti.
Penombra ha già avuto 4 repliche, mai uguali l’una all’altra perché ogni volta abbiamo modificato qualche aspetto tecnico oltre che adattarci alle location disponibili. In tutto hanno giocato oltre 400 partecipanti, compresi gli stranieri venuti a Matera per il festival Fusion.



Il Vagaplay è invece la versione basic di questo tipo di esperienze interattive, volutamente semplificata in ampiezza e durata, per poterla facilmente replicare su richiesta di gruppi, tour operator, enti locali a prezzi contenuti. Il principio resta lo stesso: una narrazione intensa, partecipanti catapultati nella storia, missioni da compiere, interazioni con le popolazioni locali e attori in azione per rendere il tutto credibile e facilitare l’immersione nella storia fino all’ultimo istante. Oltre come sempre a un tocco di tecnologia.



Insomma, i nostri urban games sono dei prodotti di marketing territoriale tesi a far diventare i partecipanti i protagonisti assoluti dell’esperienza, che ognuno personalizza come meglio crede. Con il giusto pizzico di adrenalina dettato dalla storia.
Ora stiamo ragionando su come proporre le nostre produzioni in giro, peccato che è la parte su cui al momento si è lavorato meno in città e in tutta la Basilicata, al di là di qualche sana eccezione. La Fondazione ha iniziato a pensarci a fine novembre 2019, dopo un tentativo fallito nel lontano fine 2017 di provare a unire vari progetti, idea suggestiva ma il tutto fu mal gestito e naufragò in poche ore.
Noi stiamo riflettendo. A Matera intendiamo organizzare assieme agli altri partner un festival internazionale in autunno, che funga sia da meeting fra game designers, sia da messa in atto di proposte per grandi e piccoli. Vedremo. Sono giorni complessi, c’è da prendere il largo ma alla fine di tutto questo percorso siamo ancora timorosi. Staremo a vedere se il coraggio prevarrà sulle paure. Se siamo sopravvissuti a questo delirio allora vuole dire che abbiamo la stoffa, penso io.