Viaggio ai tempi del covid – 17

17 – IL CESTO

Dopo pranzo vado a casa a farmi una pennica.

Nel pomeriggio, non saprei dire a che ora, sento toc toc, bussano discreti alla porta. Temo sia la proprietaria che è arrabbiata perché ho rotto lo scarico del bagno. Apro con circospezione la porta e appare infatti lei. Sono fregato, penso.

Ha un cesto in mano coperto da un tovagliolo. Nell’altra mano regge una bottiglia di olio. “Vi ho portato dei prodotti del nostro orto, una frittata con le uova delle nostre galline e un po di olio fatto da noi. Per scusarmi dell’inconveniente. Ho chiamato l’idraulico, arriva fra poco”.

Pura commozione. Perché se c’è una cosa di cui sono abbastanza sicuro è che non è lei che deve scusarsi. Non dico che sono io il colpevole, in fondo lo scarico è vecchio, come tutto il bagno. Ma da qui a venirsi a scusare ce ne passa. Non ho parole, ringrazio imbarazzato, forse dico pure qualche parola di circostanza, si congeda soddisfatta.

Nel cesto oltre al piatto con la frittata trovo pomodori, cetrioli, aglio, cipolle, pesche, basilico e un barattolino con dell’origano. Questo è il segreto dei borghi. Niente che abbia a che fare con la legge della domanda e dell’offerta. Anche perché la signora ha insistito che l’idraulico lo pagherà lei, mi pare di stare in un mondo capovolto, direi che a occhio e croce sarei dovuto andare io a offrirle qualcosa. Vi pare?

Questa spontaneità, questo preoccuparsi prima dei buoni rapporti umani che di fattori economici è la forza dei borghi, ma anche quanto di più lontano ci sia dal concetto economista del turismo per come viene inteso di solito. Ecco perché quando mi parlano dello sviluppo turistico dei borghi, sono sempre combattuto: da un lato so bene che sarebbe una manna, dall’altro conoscendone i funzionamenti temo che possa distruggere tutto ciò.

Avviso gli amici di venire a mangiare da me, è troppa roba per una persona sola. Poi una volta arrivato l’idraulico e risolto velocemente il problema, mi avvio al bar, dove ci faremo un aperitivo prima di metterci a cucinare le delizie del borgo.

Per strada incontro la ragazza del litigio, non ha più il broncio né gli occhi gonfi. Bene così, penso. C’è speranza nel futuro di chiunque.

Dopo aver sbevazzato qualcosa sull’uscio del bar, ci trasferiamo da me e ci divertiamo a cucinare, seguendo alcune ricette consigliateci da amici della zona, che sanno come trasformare al meglio i prodotti tipici.

Il tutto sarà accompagnato da un aglianico di buon livello, recuperato non si bene come da Paolo.

Mentre mangiamo squilla il cellulare di Lino. E’ la ragazza della pasticceria che ha degli aggiornamenti.

Lino ascolta imperturbabile, accenna a un sorriso solo ai saluti finali, in cui la ringrazia. Che gli sia tornato il buon umore?

Riprende a mangiare come se niente fosse, certe volte mi chiedo se è stronzo o se lo fa apposta?

“beh? Novità?” chiede Uccio doverosamente aggressivo.

Per tutta risposta ci arriva un: “Ragazzi, ma perché non fate come Paolo, andate dietro qualche gonnella ed evitate di accalorarvi su questa vicenda? Io quello che dovevo fare l’ho fatto, nei prossimi giorni appuro che non ci siano altre proposte e poi chiudo tutto e mi lascio questa storia alle spalle”.

Io e Uccio ci guardiamo esterrefatti, Paolo sorride sotto i baffi, i due si schiacciano un cinque a mo’ di complicità.

Uccio a quel punto sbotta: “Punto primo: sono anni che andiamo in viaggio assieme e l’unico che qualche volta ci ha preso con le donne è Paolo, che per altro è anche l’unico scapolo qua. Quindi questa tua uscita te la potevi evitare. Punto secondo: scusa se ci siamo permessi di provare a occuparci dei fatti tuoi, sei tu che ci hai proposto di venire qua con te e se non te ne fossi accorto in questi posti non c’è un cacchio da fare, se non stare al bar a bere, al più. Vivaddio che ci sia qualcosa di interessante su cui riflettere. Punto terzo: per quanto mi riguarda se tu hai finito come dici, ce ne possiamo pure andare. Anzi io proporrei di andarcene oggi stesso, tanto se devi restare in qualche modo poi riesci a trovare un passaggio”. Tutto d’un fiato, guardandolo diritto negli occhi, con tono deciso ma senza mai alzare troppo la voce.

Lino lo guarda di sottecchi, ma non risponde. Chissà se perché si è reso conto che ha detto una serie di minchiate o se perché sta pensando cosa rispondere. Nel frattempo interviene Paolo.

“Meh…. non mi posso assentare qualche ora che litigate come cani e gatti. Allora, ora ci andiamo a bere un bell’amaro al bar e vi racconto che cosa sto combinando così vi rasserenate tutti e la facciamo finita con questi battibecchi onestamente patetici”.

E così tutti hanno detto la loro, tranne me. Che invero da dire non ho nulla e questo mi fa incazzare, perché hanno detto già tutto loro. Mi sa che la prossima volta me ne parto da solo, mi sento un’ombra.

Per di più nessuno mi chiede nulla.

E Lino a parlare: “andiamoci a prendere un amaro. Poi dopo Paolo vi racconto cosa mi ha detto la pasticcera”.

Annuiamo e ci alziamo.

Forse abbiamo esagerato con i condimenti.

One response to this post.

  1. Davvero un “romanzo d’appendice” . . . sono qua col fiato sospeso! Voglio sapere cosa gli ha detto la ragazza della pasticceria! 😉

    Buona settimana! Fior ♥

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