16 – In tondo
La cena con i prodotti tipici della zona ci delizia.
Nel frattempo abbiamo risolto i problemi con l’auto e scacciato i timori di possibili sabotaggi, che pure qualcuno del gruppo aveva avanzato. Il meccanico ha risolto il problema in pochi minuti, costo dell’intervento minimo.

Serata sulle panchine a chiacchierare, non c’è molto altro da fare, in questa estate pandemica. Paolo non è della partita, ha detto che aveva da fare senza voler aggiungere particolari. Evidentemente sta cercando di concupire qualche donzella, è stato bravo a non farsi notare quello scapestrato; proviamo a indovinare chi sia la sua possibile fiamma estiva, con quegli occhi blu e il fisico ateltico è sempre quello del gruppo a fare colpo. L’unico direi.
La mattina dopo ci ritroviamo al solito bar, Paolo è ancora assente, non sappiamo neanche dove ha passato la notte. C’è solo un uomo seduto su una delle poche sedie presenti nel patio. Aggiunge con estrema calma lo zucchero al caffè, e miscela il tutto una certa eleganza. Ha la barba grigia e un cappello imponente ben calcato sulla testa, nonostante il sole.
Al bancone il barista avverte Lino: “don Tonino vuole parlarti”.
Basta un cenno fra noi, lo lasciamo solo. Ci riferirà poi. Usciamo dal bar e lanciamo un’occhiata neanche tanto furtiva al personaggio che attende Lino, chissà cosa vorrà dirgli. Scorgiamo Paolo in arrivo e gli andiamo incontro, sta bello allegro, segno che la sua serata è andata bene.
Dopo mezz’ora Lino ci raggiunge mentre ce ne stiamo beati a guardare il panorama su una panchina che guarda la vallata. La giornata è nitida e riusciamo a scorgere diversi paesi sparsi su diversi pizzi. Ci racconta che don Tonino gli ha fatto una proposta per la proprietà, pochi soldi ovviamente, una miseria per dirla con le parole di Lino. Sono rimasti che entro pochi giorni gli farà sapere, perché l’uomo ha fretta di concludere.
“E cosa vuole farci?”, chiede Uccio.
“Non me l’ha voluto dire, e sinceramente non me ne frega molto. Se avesse offerto un po’ di più gli avrei detto subito sì senza dubbio”.
“Non essere precipitoso!”, insiste Paolo. “Guarda che questo posto è magnifico”.
“Tu potresti essere interessato no?”, chiedo maliziosamente a Paolo per stanare il suo totale riserbo su dove e con chi abbia trascorso la notte. Ma Paolo resta in silenzio e guarda Lino.
“Non credo che ci saranno altre offerte. Comunque ora andiamo alla pasticceria, i genitori di questa ragazza possiedono il podere accanto a quello di mio nonno”.
Dopo aver percorso un lungo vialone fuori dal centro, ci troviamo davanti all’ingresso di questa che è l’unica nuova apertura di un negozio degli ultimi anni. Entrare in un locale accogliente in un borgo dove come sempre tutto guarda al passato fa un certo effetto. Piacevole quanto straniante, tipo: sogno o son desto?
La proprietaria ci accoglie sorridente, conferma che il podere è di proprietà dei suoi ma ci dice che lei non ci va mai, ha già troppo da fare per mandare avanti quest’attività. Ma chiederà ai genitori, che ora sono fuori in vacanza. Si fa lasciare un recapito. Il discorso scivola doverosamente sul coraggio e sulle difficoltà che ha dovuto affrontare per riuscire ad aprire, perché ogni novità n un piccolo paese viene vista da alcuni come un oltraggio. Per fortuna in molti si sono schierati dalla sua parte e alla fine la perseveranza ha pagato, conclude soddisfatta.
Dopo aver assaggiato alcune delizie, ce ne torniamo in paese. Lino sembra ormai poco interessato a saperne di più su quei semi. Io sto avendo di nuovo problemi di respirazione, poco prima Paolo è sparito dicendo che doveva fare non so quale commissione. Nessuno gli ha creduto. L’unico a restare sul pezzo è Uccio, che propone: “torniamo al bar. Forse qualcuno dei presenti riuscirà a dirci qualcosa in più. A quest’ora si sarà riempito”.
In realtà di avventori ce ne sono pochi, non si può giocare a carte o leggere il giornale e ormai anche i ragazzi tornano durante le vacanze estive sempre meno. Quest’anno poi con il virus in circolazione in tanti hanno preferito restare lontani; o sono rimasti bloccati altrove. Parliamo per lo più con emigranti che stanno trascorrendo qualche settimana nel paese d’origine prima di tornare in Svizzera. Qualcuno si ricorda il nonno, ma se coltivasse qualcosa in particolare non se lo ricorda nessuno.
Sembra proprio che stiamo su una pista che non conduce a nulla.
Decidiamo di andare a mangiare al solito ristorante.
Posted by vogliadichiacchiere on 8 febbraio 2021 at 10:05
Il mistero si infittisce! 🙂
Ciao, Fior