Sul porre limiti all’extralberghiero

La notizia è del dicembre scorso ma ho voluto attendere un po’ prima di scrivere, per capire se ci fossero reazioni o novità sull’argomento. A Vieste hanno posto delle limitazioni all’apertura di B&B e al fare locazioni turistiche, in relazione a porzioni del territorio. Avendo scritto un libro sull’argomento (“Extralberghiero. Cioè?”) torno volentieri sul tema.

Prima di Vieste ci aveva pensato Venezia a provare a porre un freno alle locazioni turistiche, mentre sui B&B non ricordo provvedimenti analoghi nell’ultimo decennnio. Nella località del Gargano regina delle mete turistiche pugliesi si è fatto un ragionamento legato ai quartieri: divieto di fare locazione turistica in due quartieri, credo popolari. E divieto di aprire B&B se non si è nel centro storico. Un provvedimento dunque che cerca di distinguere zone turistiche (centro storico in primis) da quartieri dove deve essere fatta salva la residenzialità.

Premessa: il boom delle locazioni turistiche, che segue quello di qualche decennio addietro dei B&B, ha scatenato una contronarrazione che contrappone le esigenze degli autoctoni che cercano casa con gli interessi e le scelte di chi loca la propria casa ai turisti. Come ho detto più volte ben vengano le contronarrazioni ma a patto che poi si ragioni in modo equilibrato sulle situazioni, se no si rischia di prendere decisioni di pancia.

Di certo il fenomeno delle locazioni brevi ai turisti, al pari del proliferare di B&B in cui nella casa non abita nessuno, rende difficile fare distinzioni e costringe analisti e politici a stare da una parte o l’altra della barricata, senza riuscire facilmente a trovare mediazioni o fare distinguo. Ma proviamo a mantenere i nervi saldi e fare una breve analisi più articolata (il resto lo trovate sul libro).

L’idea generale che si è fatta strada in Europa negli ultimi anni di porre dei limiti al turismo è sacrosanta, un principio generale che dovrebbe riguardare non singole situazioni limite, ma il turismo tout court, perché tutti i dati esistenti dimostrano che il turismo è un fenomeno il cui impatto è sempre più visibile, osservabile, misurabile; oltre che poco sostenibile al crescere del numero dei turisti. E non è colpa (solo) delle locazioni turistiche.

Semplificare il tutto, denunciando la speculazione di chi usa un appartamento per fare soldi è un modo semplice per fare audience, non per analizzare il problema. Passare da una narrazione del “tutto è lecito, l’importante è far venire più turisti” a “è colpa delle locazioni brevi” non è insomma corretto. Sono due eccessi.

Certo, mettere in relazione i numeri e gli impatti del turismo con qualsiasi tipo di problema riscontrato da parte di una comunità locale o di un ente è un aspetto che va salutato in modo positivo, se ciò apre la strada a una riflessione comune. Ma sembrano più spirare venti di restaurazione che altro.

Riepilogo giusto alcuni aspetti che non bisognerebbe dimenticare quando si parla di questi temi:

1) Ogni destinazione presenta problematiche differenti rispetto al turismo, non c’è un’unica strada percorribile ovunque. E anche le cause sono diverse. Rispetto al discorso della difficoltà del trovare casa da parte delle giovani coppie, il problema in alcuni paesi italiani esiste da tempo e non è colpa (solo) del turismo.

2) L’Italia è il paese con uno dei tassi maggiori di proprietari di casa d’Europa, quindi non evochiamo scenari apocalittici che non sono quadri realistici (al netto di singole situazioni realmente critiche).

3) Spesso con queste prese di posizione contro le locazioni brevi, invece di fare danno a fantomatici speculatori si fa danno a quella fascia di popolazione in difficoltà, che dal fitto ai turisti riesce spesso a malapena a far quadrare i conti. Si chiama integrazione a reddito e la fanno in tanti, anche nel mondo del B&B. Colpire le speculazioni va bene a patto di non colpire altre categorie. La legge che abolisce le agevolazioni fiscali a chi loca casa ai turisti ha un senso, ma si doveva ridurre il numero che ogni proprietario loca ai turisti per tagliare il privilegio esistente non a chi fa integrazione a reddito ma a chi fa business della locazione breve ai turisti.

4) Il principio che ci possa essere qualche quartiere in cui non si possa fare ricettività turistica perché nato per la residenzialità può essere un principio accettabile, anche perché non vieta di farlo altrove. Certo è una discriminazione per chi abita in quartiere magari popolare, quasi come a dire: solo i ricchi che possono permettersi case in determinati quartieri possono guadagnare dal turismo. Non il massimo del messaggio.

5) Sempre meglio provare a mettere qualche limite e poi modificarlo nel tempo che far finta di niente rispetto agli impatti del turismo.

In sostanza, come sempre, il cercare di porre un qualsiasi riequilbrio di alcune storture provocate dal troppo turismo è un tema attuale e importante, sulle possibili soluzioni siamo ancora ai primi tentativi, in tutta Europa, e la strada è lunga. Cambiare il turismo è una strada lunga e impervia, c’è tanto da sperimentare.

Beh ho detto la mia, ovvio potete commentare, leggere il libro, invitarmi a presentarlo, insomma resto sul pezzo 🙂

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