In Basilicata ci sono tanti luoghi dove è possibile trascorrere un bel weekend, attorniato da sapori tipici, paesaggi mozzafiato, e un gran senso di umanità che permea l’aria.
Uno di questi è Cancellara, paesello del potentino con poco più di 1000 abitanti, che offre al visitatore qualche perla architettonica degna di nota e un settecentesco orologio appeso a un campanile le cui lancette arrivano fino a 6 e il cui complesso meccanismo chiede di essere ravvivato due volte al giorno; ma soprattutto un luogo suggestivo che è qualcosa di più di uno dei tanti agriturismo biologici della Basilicata.
In genere non scrivo di singoli luoghi per evitare che il reportage di viaggio si confonda con la promozione di un sito, ma in questo caso l’intento di questo post è dare il mio sostegno a una piccola realtà familiare che da anni cerca di sopravvivere facendo dei discorsi degni di nota.
Cancellara è situata in una zona di grande interesse, 14 chilometri dai ritrovamenti di epoca romana di Oppido e a breve distanza da altri siti considerati minori solo perché nessuno è riuscito ancora a valorizzarli a dovere.
A Cancellara 4 anni fa provammo a fare una rete dedicata all’economia solidale nel sud, poi divenuta realtà 2 anni dopo, sempre partendo da Cancellara, dalla sala in cui l’altra sera mangiavamo cibi fatti in casa in compagnia di una quarantina di commensali, dopo una intensa giornata di trekking in zona.
Difficile dire quale portata sia piaciuta di più, dall’antipasto al dolce è stato come sempre un pieno di bontà farcito di idealità.
Negli ultimi anni ci avrò mangiato almeno 6 volte, non amo tornare sempre negli stessi luoghi quando sono in viaggio, ma qui è diverso, non è solo questione di gusto o di convenienza economica, che pure sono fattori significativi. Il valore aggiunto è questa famiglia che ha deciso di tornare nella terra d’origine, una scommessa difficile, tanti soldi da chiedere in prestito, ovviamente alle banche,tanti problemi per farsi accettare e apprezzare da chi non è abituato a vedere che qualcuno possa davvero voler tornare e essere attivo, in un piccolo paese.
Un lavoro quotidiano che pian piano sta dando i suoi frutti, la sala oltre a noi vedeva altre persone di paesi vicini. Il capofamiglia rientra alle 22 dal lavoro sul trattore; dietro la sua barba grigia mi sorride e mi dice che l’azienda sta diventando un punto di riferimento per la gente della zona, e ciò fa ben sperare perché i primi 2 anni l’attività non riusciva a girare.
Serve pazienza, si sa, per vedere un buon raccolto dopo una buona semina.
Ma le banche spesso non hanno pazienza, pretendono raccolti anticipati, quando i frutti non sono maturi.
Qui si mangia bene e salutare e si spende poco, i sapori sono veri, le materie prima sanno di terra buona. Eppure….
Sua moglie Gabriella è di corvé, ma riusciamo a scambiare quattro chiacchiere durante una breve pausa. Mi raccontano del pranzo di solidarietà in favore della bottega del commercio equo e solidale del capoluogo di regione, che si è svolta da loro la settimana precedente e di altre attività effettuate con la RESS.
Sorrido al pensiero che un’azienda cui le banche stanno col fiato sul collo si permetta di fare un’azione di solidarietà verso un’associazione di volontari. Sarà per questo che mi stanno simpatici.
Ma intanto la situazione, al di là dei loro sorrisi che infondono energia e speranza, è davvero grave, il nostro sostegno rischia di non bastare.
E allora oltre a invitarvi a recarvi a mangiare o fare esperienze di fattoria didattica bio presso di loro, nei prossimi giorni proveremo a fare qualche azione congiunta collettiva di pressione nei confronti della prima banca che gli ha fatto un’ingiunzione di pagamento.
Speriamo bene.
Il nome non ve lo dico, tanto su internet li trovate facile se vi va.