Viaggio ai tempi del covid – 14

LA RICERCA

La mattina seguente, con la giusta calma e dopo la necessaria colazione al bar in cui scopro l’esistenza di una bevanda frizzante al mandarino davvero ottima, ci infiliamo in auto per andare in cerca del terreno. Lino si è fatto spiegare dove dovrebbe essere.

Giro la chiave ma non succede nulla.

“Non parte”, dico perplesso a bassa voce.

“Come non parte?”, mi incalza Uccio che è un tipo preciso e non ama gli inconvenienti.

“Boh, eppure prima di partire sono stato dal meccanico”.

“Te l’avevo detto che ti avevano rifilato un bidone”, Uccio inizia a diventare irritante.

“Fino ad ora mi sembra sia andata più che bene, non trovi?”, replico.

“Magari si è scaricata la batteria”, suggerisce Paolo.

“Dai scendiamo, vediamo se riusciamo a capirci qualcosa. Apri il cofano”, intima Uccio.

Dopo mezz’ora trascorsa invano a provare a capirci qualcosa, Lino sbotta: “Niente, serve un meccanico. Nel frattempo che ne dite se andiamo a piedi? Pare che non sia troppo lontano, qualche chilometro dopo la sorgente, ha detto il barista”.

E’ quel “qualche” che mi preoccupa, ma non oso dirlo.

“Io quest’anno non ho quasi mai camminato a furia delle misure restrittive, sono totalmente fuori forma e sovrappeso, non so se ce la faccio”, dice Uccio sconfortato.

“Proviamoci dai, ci può solo fare bene. Basta andare piano, ok Lino?”, suggerisce Paolo.

Passiamo davanti al ristorante, dove i gestori hanno già alzato la saracinesca per iniziare le preparazioni per il pranzo”.

“Vi fermate oggi?”.

Ci guardiamo indecisi, riconoscere qualcuno bardato da una mascherina non è certo facile. Paolo ci trae di impaccio riconoscendo la ragazza che lavora al ristorante e la saluta. Noi ci accodiamo, non so se ce lo vuol far pesare ma inizia rivolgersi a Paolo come se noi non ci fossimo.

Paolo le spiega dove stiamo andando e la rassicura che ci saremo.

Mi ricordo del discorso del bancomat e dico: “io non so se ho abbastanza soldi in tasca, devo prelevare. E l’auto non funziona”.

“Se volete dopo vi accompagno al paese a fianco e parlate pure col meccanico, c’è un’officina”.

“Insomma è tutto al paese a fianco”, interviene spazientito Uccio.

“Beh qua siamo rimasti in poco, l’importante è che in zona ci sia tutto quello che serve”, risponde lei da vera resiliente.

Per strada incontriamo raccoglitori di porcini visivamente soddisfatti che rientrano. Uno si ferma a parlare e ci dice che in realtà qua è anche terra di pregiati tartufi, ma nessuno lo sa. O meglio ora lo sanno anche gli abitanti del luogo, dopo che per decenni istrionici cercatori del nord Italia, con cani addestrati al seguito, hanno fatto i soldi sempre dissimulando il motivo della loro visita in zona.

Arriviamo stanchi e con l’affanno.

Il pezzo di terra è totalmente abbandonato, nel tempo c’è cresciuto di tutto.

“Sicuro che sia questo?”.

“Sì sì mi hanno descritto il cancelletto e poi guardati attorno, è l’unico fondo abbandonato”.

Effettivamente i terreni attorno sono molto curati, ci sono alcuni vitigni ben ordinati in fila, alberi da frutta e olivi ben tenuti.

“Proviamo a chiedere ai vicini se si ricordano qualcosa”.

Facciamo un giro ma davvero c’è ben poco da cercare, la natura ha preso il sopravvento.

La pasta fatta in casa ci attende, al resto ci si pensa dopo pranzo.

2 responses to this post.

  1. Simpatico il racconto a puntate, mi ricorda i miei anni verdi, quando i telefilm si guardavano a puntate, una alla settimana . . . come i romanzi d’appendice! 😉

    Ciao Fior

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    • È un esperimento in effetti, anche perché non ho molto tempo per scrivere. Avevo scritto una prima stesura del racconto la scorsa estate e ho visto che era troppo lungo per pubblicarlo tutto assieme, inoltre di volta in volta lo sto modificando e ho bisogno di un po’ di tempo. Fa piacere che lo stai seguendo 🙂

      Rispondi

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