Sul turismo che verrà

Un’altra estate sta passando e come spesso accade si levano proclami contro il turismo. Al di là dei social ne parlano giornalisti, sociologi, antropologi, urbanisti etc. Alcune critiche sono interessanti e le leggo volentieri, pur non condividendole appieno, altre sono decisamente forzate.

È innegabile che a fianco di tante positività ci siano anche delle potenziali criticità legate al fenomeno turistico ma ci tengo a ricordare un fatto spesso dimenticato da questi critici: il turismo ha permesso la valorizzazione e il ritorno alla vita dei centri storici, spesso abbandonati dai cittadini per tutti altri motivi (vedi Venezia, Bergamo alta o Matera) prima dell’avvento del turismo. Anni fa avevo un bed and breakfast in una zona isolata di un noto centro storico, con anche vicino un bel museo. Tutto attorno palazzi abbandonati. Mi dicono che nel frattempo molti di quegli edifici sono tornati, come qualche decennio addietro, ad essere occupati e utilizzati per spaccio e prostituzione, oltre ad abitazioni di fortuna. Dimenticarsi di come si è evoluta davvero la situazione nei centri storici e criticare solo l’eccesso del fenomeno oggi non è onesto.

Un’utopia necessaria

  1. Il problema del turismo è il suo essere incessante. Le destinazioni non dovrebbero essere sottoposte a un continuo flusso turistico, servirebbe introdurre il concetto di pausa, che non deve essere inteso come il periodo di brutto tempo e basta. Bisognerebbe introdurre il senso del limite, non si possono avere le location in catalogo in qualsiasi periodo dell’anno, come se fossero un qualsiasi oggetto sempre disponibile. È un po’ lo stesso problema dell’agricoltura intensiva. Sarebbe perfetto se ogni stagione ci fosse almeno una settimana di totale stop rigenerante, come si fa in campagna lasciando riposare il terreno dopo ogni raccolto. Un’utopia verso cui tendere.

Porsi un limite

  1. Bisogna smettere di guardare al turismo solo come regolato dalla legge del libero mercato, per cui più turisti ci sono meglio è e pazienza per tutto il resto, serve un approccio differente, più sostenibile, affrontando e regolando i flussi turistici a monte. Se vogliamo un turismo che si sviluppi in modo diverso sarà necessario ripensarlo, anteponendo la possibilità di mettere dei limiti al flusso di turisti e escursionisti a monte, come scelta programmatica. Lo fanno in diverse località, chi regolando il numero massimo di navi da crociera che possono attraccare (Dubrovnik, Maiorca e altre), chi vietando l’accesso ai bus turistici (Amalfi) e questa idea va portata a sistema, dai voli aereo all’accesso delle auto. Ma finché ci sono sindaci che esultano perché 3 navi da crociera hanno sbarcato 4.500 persone che faranno un breve giro prima di ripartire, sarà difficile ragionare in termini diversi. Ovvio i flussi servono, i turisti fanno girare l’economia e ben venga, ma la narrazione dominante non deve essere quella sterile dei numeri. Se ne sono accorti in Europa, speriamo presto che anche nei singoli Stati cambi la narrazione.

Basta dunque con le critiche ingenerose, meglio lavorare per migliorare il fenomeno turistico.

p.s. i libri nell’immagine li ho appena comprati, quindi non mi riferisco alle critiche contenute in questi libri. Su ciascuno di loro poi farò una riflessione sul blog via via che li finisco.

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