Turismo e aumento dei prezzi

Si può pensare a una località dove i servizi possano esser fruiti sia da autoctoni che dai turisti? In teoria sì, ma in pratica l’aumento dei prezzi pone un barriera.

Mi raccontano che un lido della zona ha alzato molto i prezzi per avere una clientela turistica e non di autoctoni. Altri si lamentano del costo dei parcheggi. Va così un po’ ovunque, specie in città d’arte e località di mare. Mi permetto una breve riflessione.

È un problema noto, specie in campo imprenditoriale. Ma un conto è se ti aumentano i costi del fitto del locale o le bollette) e tu imprenditore scarichi sui clienti il problema, altro è la scelta deliberata di voltare le spalle ai clienti storici, autoctoni o villeggianti della zona, e aumentare le tariffe in modo considerevole. Nel primo caso nulla da obiettare, nel secondo beh… certo sono decisioni personali, l’ingratitudine non è bella ma non si può fare una norma contro tale cattiva usanza (però… non sarebbe male come idea…).

Ma spesso ci si orienta verso la clientela turistica senza fare bene i contio senza farli proprio.

Anni fa feci uno studio sperimentale per porre l’accento sul problema, non da un punto di vista meramente etico (se sei arrivato fino ad oggi è per merito degli abitanti / villeggianti del luogo, egoista!) ma economico. L’ipotesi di un salumiere che passa da una clientela locale che spende tutti i giorni al preferire i turisti. Il risultato fu che per guadagnare da questo cambio serve una tale mole di turisti occasionali che solo se in una località c è un boom avrebbe senso, se no è un’illusione.

Ma lo stesso vale in altri settori. Oltre al fatto che il turista è più esigente, vuole il cappuccino di soia, il cornetto integrale, l’impiattamento decente, il servizio efficiente, le spese promozionali aumentano, insomma non è un cambio che porta benefici come per magia.

Lo stesso vale per quanto riguarda le strutture ricettive extralberghiere o locazioni brevi, di cui ho parlato nel mio nuovo saggio. Ci sono tanti buoni motivi perché uno scelga i turisti e non gli autoctoni o gli studenti, ma troppo spesso alla base della decisione ci sono chiacchiere da bar sui presunti vantaggi. Il proprietario di una casa dove abitavo in affitto non mi rinnovò il contratto illuso che cacciando me avebbe fatto molti più soldi fittando ai turisti. Dopo neanche un anno ha preferito metterla in vendita.

E se pure si volessero tenere entrambele clientele non si possono fare prezzi diversificati. 30 anni fa nella Repubblica Ceca non ancora entrata in UE, quando furono aperte le frontiere ai turisti occidentali si pensò bene di fare prezzi diversificati per autoctoni (intesi in quel caso come cittadini della Repubblica Ceca) e turisti, per esempio nei ristoranti.

L’operazione era trasparente, c’erano ben in evidenza i due listini ed era un modo per difendere il potere d’acquisto dei cittadini rispetto ai turisti. Dopo un po’ l’Unione Europea impose alla Cechia di eliminare questa differenziazione, in nome di pretestuosi principi di equità, altrimenti non li facevano entrare in UE.

Incredibile l’incapacità di conoscere e prevenire i rischi legati al turismo nel mondo occidentale. La Repubblica Ceca era avanti, d’altronde erano abituati a pianificare e preoccuparsi degli sviluppi delle loro scelte, concetto a noi sconosciuto.

Io credo che si debba lavorare non solo per introdurre prezzi differenziati, ma per inserire un concetto a monte, prima ancora di aprire un’attività turistica: oltre ad adeguare i locali alle normative vigenti, dovresti dichiarare come intendi salvaguardare la presenza degli autoctoni nel tuo locale. Di solo turismo d’altronde non si campa, durante la pandemia in molti se ne sono accorti.

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