Le terre sono sempre più abbandonate. Le stanno comprando grossi imprenditori, pugliesi come cinesi, per fini utilitaristici che poco hanno a che fare con chi la ama.
Starci sopra, amarla, viverla, curarla, senza cedere ai dettami dell’agricoltura intensiva, che impoverisce i terreni, li fa ammalare e poi bisogna curarli irrorandoli di schifezze.
La terra chiama, vuole che noi fatichiamo un po’ vicino a lei, con lei. Certo, un impiego in ufficio è più comodo, ma poi la schiena farà male uguale per il troppo star seduti. E poi bisogna pur mangiare, e non per forza schifezze. Noi acquistiamo al gruppo di acquisto locale prodotti biologici, biodinamici o semplicemente naturali, amiamo la filiera corta e se facciamo eccezione è per prodotti equosolidali o per prodotti che non si trovano in loco. Ma non siamo nè eroi nè sopgnatori. Siamo gente che ha studiato, che ha viaggiato, che ha fatto tanti mestieri e ha tanti sogni. Ma la terra è il richiamo più grande.
E allora preferiamo stare negli oliveti, col fango che si attacca sotto le suole e ti appesantisce il cammino dopo una nottata di pioggia. Perché solo così ci sentiamo davvero bene, pieni, vitali.