Sulla Repubblica.it un articolo di Riccardo Luna sulla crisi di AirBnB mi fa tornare a mente il mio volume che sarebbe dovuto uscire nei mesi scorsi, ma che la pandemia ha reso non necessario al momento. Uscirà appena sarà il caso, intanto mi sembra giusto tornare sull’argomento, con una riflessione attuale.

Probabilmente, a giudicare dall’annuncio de licenziamento di 2000 impiegati e dal taglio di tutti i costi di marketing, quel modello è tramontato. Almeno, in attesa di tempi migliori e riposizionandosi in base a cosa si ritiene che i viaggiatori sceglieranno nel periodo post pandemia.
Come scrivevo in un precedente articolo, uno dei temi meno dibattuti, ma che chi si occupa di ospitalità dovrebbe tenere a mente, è la paura. Paura di andare in un hotel ed essere contagiati; paura di andare in casa di sconosciuti; paura che le stanze non siano igienizzate come si vorrebbe.
La paura è l’unica arma capace di distruggere il turismo, e non c’è da rallegrarsene; al di là delle critiche che erano piovute negli ultimi mesi sull’eccesso di turisti, e sul settore extralberghiero è a mio avviso triste che sia una calamità naturale e non la politica (nel senso nobile del termine) a fermare una serie di attività che, pur presentando delle storture, in fondo permettevano a tutti di viaggiare.
Il ritorno a un turismo elitario non è certo una soluzione auspicabile, almeno non per me. Di sicuro i ricchi ne sarebbero felici, d’altronde chi non ha mia provato l’ebbrezza di trovarsi da solo in un luogo splendido (basta partire in bassa stagione…)?. Ma preferirei altre strade.
Nel mio volume di riflessioni del settore extralberghiero, che comunque uscirà ma sarà integrato con qualche paragrafo per testimoniare i cambiamenti in essere, non contestavo le piattaforme come Airbnb, che anzi hanno alcune modalità assolutamnte all’avanguardia, ma la deregulation che impera in generale.
Il male del turismo è ahimé la base su cui si fonda questo settore: l’idea che tutto è lecito, purché faccia girare l’economia. In un prossimo articolo analizzerò proprio le basi iperliberiste del settore turistico, qui mi limito a restare nell’ottica della ricettività.
E’ chiaro che quest’anno, e forse anche il prossimo anno, le persone tenderanno a stare distanziate, ci hanno bombardato (non mi permetto di dire a torto o a ragione) con l’idea che l’unica soluzione in attesa di una medicina più che di un vaccino sia il distanziamento sociale. Quindi ovvio sarà così per la stragrande maggior parte di chi si potrà permettere un weekend lontano da casa, se non una vera e propria vacanza.
Sarà il boom delle seconde case probabilmente.
Per chi non ne possiede una, credo si possa ipotizzare che tranne le nuove generazioni, che comprensibilmente faranno prevalere la voglia di socializzare ad altri fattori, con buona pace di chi si nutre solo di ansie, gli altri sceglieranno vacanze in località minori. Ma il problema dell’essere una località minore è che non c’è un bollino: se tutti coloro che prima andavano nelle città d’arte affollandole all’inverosimile si riverseranno nei paesini, l’effetto sebbene in scala, sarà molto simile.
Il che farebbe saltare l’economia turistica specie nelle città d’arte; ma d’altronde chi ritiene che ci sia troppo turismo in alcune destinazioni, auspica un ridimensionamento dei flussi, il che comporta anche un ridimensionamento delle imprese attive su quel territorio. Ci sarà da reinventarsi, da spostare le proprie attività forse in altre località inseguendo o prevenendo i nuovi flussi.
D’altronde ogni crisi ha registrato dei cambiamenti nel tessuto produttivo di un territorio. L’esempio delle mascherine, con tante ditte che stanno iniziando a fare delle linee direi fashion per coprirsi naso e bocca con stile, modificando almeno in parte la loro produzione, sarà la stessa da seguire nel turismo.
Probabile che nelle città d’arte chiuderanno tanti improvvisati gestori di strutture ricettive e si tornerà a locare anche agli autoctoni. Chi ha un locale o un appartamento in affitto, potrebbe non reggere, con due possibili strade: un sano ridimensionamento del costo degli affitti, che permetterà anche un abbassamento dei costi insostenibili nei centri storici turistici; o la chiusura.
Intanto i veri imprenditori si riposizioneranno. Airbnb sembra già intenzionata ad abbandonare i centri storici e a puntare su luoghi più solitari. Staremo a vedere. Gli imprenditori veri assecondano la domanda, giustamente. Gli improvvisati si lamenteranno e basta.
Ma continuiamo a restare in uno schema in cui solo domanda e offerta decidono, la politica resta sullo sfondo, incapace di dare degli spunti prospettici, delle norme, qualche segnale che la faccia tornare protagonista. Perché il problema del turismo è stato fino a ieri la deregulation, il permettere tutto pur di far girare l’economia. Sarebbe ora di porre rimedio.