Borghi e turismo – II parte

La II parte della mia riflessione sul tema borghi e turismo si concentra su un tema delicato e scivoloso: lo sviluppo del turismo nei “borghi” e il rapporto con le comunità locali, fra progetti ideati da forestieri, progetti che tendono ad escluderla o rilegarla al ruolo di comparsa. Ma anche buone prassi.

Lo sviluppo del turismo in un borgo

Di solito la scoperta di un piccolo paese avviene da parte di motociclisti ed escursionisti della domenica, che pur limitandosi a brevi visite e utilizzando al più servizi ristorativi, iniziano a far percepire agli abitanti una dimensione diversa dalla solita quotidianità. A seguire in genere arrivano i camperisti, poco apprezzati causa loro bassa spesa in loco, ma pur sempre utili alla promozione del luogo e a stimolare il confronto con gli abitanti del luogo. Queste presenze occasionali e fugaci innescano involontariamente un meccanismo di ripensamento da parte di alcuni autoctoni rispetto allo sviluppo del luogo, un fenomeno troppo spesso sottovalutato da chi si occupa di Italia interiore.

Poi con l’aumento degli escursionisti qualcuno talvolta intravede un’opportunità e apre un’attività (ricettiva, artigianale…) che è un rischio, ma anche un germe di speranza per un futuro diverso. O si punta a dei progetti più impegnativi, spesso con soldi pubblici. Dove in genere entrano in gioco imprenditori forestieri. Mi soffermo su questi progetti.

Progetti e comunità locali

In linea di principio preferisco progetti pensati dalle comunità locali, o con una loro presenza già in fase di ideazione. Ci sono tante buone prassi in tal senso fra i soci di AITR e tanti altri progetti che vedono un pezzetto di comunità locale protagonista. Ma servono competenze, presenza e anche capitali, requisiti che spesso mancano nei paesi spopolati. E negli altri casi che si fa? Ha senso far sviluppare lo stesso il turismo o è un errore? Non è facile dare una risposta. Ben vengano quelle realtà che supportano le comunità locali a crescere e a formarsi per diventare protagoniste del proprio futuro nel campo turistico (vedi BAI). Ma spesso chi è del luogo non si rende conto di quanta bellezza ci sia in un posto.

Se la comunità non è pronta?

In tal caso l’intervento esterno può essere un modo per dare avvio a un cambiamento. Pochi anni fa sono stato in un paesino lucano che ha una vista sul paesaggio circostante mozzafiato, decisamente la migliore della zona. Eppure non c’era un posto dove mangiare, a parte un pub e un ristorante in campagna specializzato in cerimonie. Ho chiesto il perché agli autoctoni e al sindaco, la risposta è che nessuno del luogo crede che possa svilupparsi turismo. In questi casi se un forestiero di turno coglie l’opportunità perché sa guardare oltre il presente, non ci vedo niente di male. A patto che lo faccia con soldi suoi.

Non gettare soldi pubblici

Quante volte mi sono trovato in paesi dove con soldi pubblici sono stati ripristinati luoghi che poi o restano chiusi o vengono dati in gestione a persone del luogo che però non erano capaci. Altre volte si affidano a forestieri, che non è il massimo, come un corpo estraneo. A parte dunque rari casi positivi esistenti, il resto dei progetti turistici finanziati con soldi pubblici nascono già destinati a fallire. Sarebbe meglio introdurre meccanismi normativi per cui non si progetta nulla se non ci sono delle serie premesse per la futura gestione.

Coinvolgere, ma come?

Sarebbe bello stimolare progetti fra giovani originari del luogo, a partire da quelli emigrati ma qualificati; o prevedere di default almeno l’inserimento, nei progetti legati a un borgo, di un coinvolgimento attivo di parte della comunità, che sia lavorativo o anche esperienziale. Ma sul lavoro serve gente qualificata quindi occorre inserire formazione. E sull’esperienza poi capita che se un anziano racconta le sue storie (che è un bel modo per tenerli attivi e orgogliosi, e ben si lega a possibili politiche di invecchiamento attivo) qualcuno potrebbe dire che non va bene che c’è chi ci guadagna sulle storie altrui. L’optimum non esiste. Ma certo il tema va posto ed è bene continuare a discuterne.

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