Riprende la crociata contro le locazioni brevi

Terminata la fase acuta della pandemia, torna il dibattito sulle locazioni brevi e sembra una crociata. Il casus belli è un emendamento nel decreto concorrenza in discussione alla Camera dei Deputati, che permetterà al sindaco di Venezia di porre dei limiti alle locazioni brevi, su richiesta di realtà locali che si occupano di abitabilità nella città lagunare.

Un tema che ho trattato nel mio ultimo libro “extralberghiero. Cioè?” che vi invito a leggere, dove sono partito dalle strutture ricettive tradizionali e poi ho allargato lo sguardo a questo nuovo fenomeno emergente.

Di seguito alcune mie considerazioni in merito.

Devo dire che nel libro ho affrontato gran parte delle questioni avanzate sia dai fautori che dai detrattori delle locazioni brevi. Era per me scontato che, finita l’emergenza pandemica e ripresi i flussi turistici, si sarebbe ripreso a parlare del tema, nelle stesse dinamiche del recente passato che mi avevano spinto a scrivere il libro. Era questione di tempo. Venezia però fa storia a sè, ne avevo già scritto in passato e continuerò a farlo.

Se nel 1202 Venezia rifiutò di prender parte alla quarta crociata ma ci guadagnò dalla costruzione delle navi, oggi sembra che i Veneziani abbiano dimenticato i loro fasti marinareschi e preferiscono risolvere le contese non con abilità commerciale ma lanciando una crociata contro le locazioni brevi, ree a loro dire di causare lo spopolamento del centro.

Le associazioni che difendono gli interessi dei proprietari impegnati nei fitti brevi sono contrarie a qualsiasi provvedimento restrittivo, continuano a negare di essere loro la causa dello spopolamento di Venezia. Hanno ragione e torto al contempo: non sono certo la causa di un problema che è antico, ma far finta di non vedere altre citicità la dice lunga su come la loro sia solo una difesa d’ufficio. Vero che molti dei provvedimenti elaborati in questi anni, compreso quest’ultimo, rischiano o di far riallargare il numero di chi loca in nero o di non centrare l’obiettivo. Ma non si può far finta di nulla.

Al contempo la campagna ATA per l’emergenza abitativa, fautrice di provvedimenti similari, richiama sì giustamente le sentenze della Corte di giustizia europea, che è intervenuta dando l’ok ai Comuni per porre delle limitazioni. Ma poi sorvola su tutta una serie di questioni critiche, dicendo che non è affar loro. Oltre al fatto che le loro analisi sullo spopolamento mi sembrano superficiali e un po’ capziose.

Insomma siamo davanti a due narrazioni contrapposte, a un muro contro muro. Mi sa che devo iniziare a promuovere seriamente il mio libro, visto che al momento non ce ne sono altri che riflettono su questo argomento con equidistanza, senza il bisogno di doversi schierare con gli uni o con gli altri.

Certo Venezia è un caso a parte, qui più che altrove si è optato nei decenni precedenti per uno sviluppo del turismo che ha assunto i tratti della monocoltura, con tutti i problemi che ne conseguono. Fra chi dice che oramai è bene far diventare il centro di Venezia un luogo solo turistico e chi si batte per far tornare la vita, certo la seconda opzione è più avvincente, a patto che non siano richieste intellettuali ma popolari, per come la vedo io. Ma prendersela col turismo (in questo caso con un fenomeno che certo non è la causa dei mali di Venezia) è abbastanza strano.

Prima dell’avvento turismo Venezia aveva puntato sulle industrie e gli abitanti si erano trasformati in operai. Il problema semmai è stato non favorire che la popolazione locale diventasse protagonista dello sviluppo turistico del territorio.

Piovene nel suo “viaggio in Italia” racconta bene la Venezia degli anni 50, quando il turismo non era ancora una monocultura. Lo spopolamento in quei decenni era molto più forte di oggi. Certe battaglie mi sembrano più di principio che di sostanza, ma per carità, se fossero un modo per invertire la tendenza di uno sviluppo turistico sbagliato ben vengano.

Ma prendersela con chi fitta ai turisti una o due case di proprietà (cosa permessa dal codice civile) additandoli come causa dei mali di Venezia mi pare assurdo. Ovvio, nelle città ad alta densità abitativa qualche paletto maggiore può essere messo a tutto il turismo, ma ci sono anche altre vie.

Il problema sono al più i property manager, nuovi professionisti della locazione breve. E anche qui ci sarebbe da distinguere (ma non credo sia possibile) fra chi fa un lavoro per aiutare proprietari già convinti di fittare ai turisti e chi invece fitta appartamenti per iniziare un business.

La scelta di puntare sul turismo a Venezia vedeva già nel 1958 le prime testimonianze, come dimostra questo breve video dell’Archivio Luce (peccato per l’audio che salta)

Nel 1962 Venezia già scoppiava di turismo, come dimostra quest’altro breve video sempre tratto dall’archivio Luce.

Il classico dibattito fra turismo d’elite e turismo di massa vedeva come spesso accade fautori dall’una e dall’altra parte. Un breve doc presente nell’archivio Luce del 1964 è molto eloquente in tal senso.

Insomma come sempre il turismo ha sviluppato un’economia di rilievo ma senza un’attenzione al creare equilibrio fra sviluppo turistico e vivibilità, un problema comune a quasi tutte le città d’arte nel mondo. Si può e si deve fare meglio, senza fare crociate ma provando a creare sintesi. Se c’è ancora spazio per l’abitabilità a Venezia non so, vedremo come si evolve il dibattito e le iniziative prese.

P.s. Ricordo che il mio libro potete acquistarlo comodamente in tutti i siti che vendono libri on line o ordinarlo in libreria.

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